Santuario di Santa Maria in Val d’Abisso – Piobbico (PU)

 

Cenni storici

A Sud-Est dell’abitato di Piobbico sorge il Santuario di Santa Maria in Val d’Abisso edificato su di un colle, il cui panorama si affaccia su una parte selvaggia del Monte Nerone nella quale si erge, visibile anche ad occhio nudo, una roccia sporgente, dalle pareti verticali, caratterizzata da un ampio foro e che per questo è chiamata “Balza Forata”.
I Piobbichesi sono soliti chiamarla anche “Foro della Madonna”, poiché un’antica leggenda narra che sia stato attraverso questo foro che una sacra immagine della Madonna sia giunta fino al luogo dove sorge ora il Santuario, passando dal “Passo della Madonna”, che si trova lungo il vecchio Sentiero n° 2, oggi il 202.
Avvolta da un luminoso fascio di luce, l’immagine della Madonna avrebbe forato con una pagliuzza la parete rocciosa, facendovi sgorgare un rivolo d’acqua, che ancora oggi scende gocciolando dalla volta della rupe.
Oggi l’acqua che sgorga da quella sorgente è considerata miracolosa, tanto che il detto dei Piobbichesi dice: “l’acqua di Santa Maria ogni dolor ti porta via“.
Geologicamente la forra si è originata da fenomeni erosivi e dal crollo di un sistema di caverne carsiche.
Dal Santuario si dipartono sentieri escursionistici, tra questi, il Sentiero CAI n° 1, oggi rinumerato 200 SI e 201, porta sulla vetta del Monte Nerone, passando proprio dalla Balza Forata, che divide la Val d’Abisso (chiamata così in seguito ad un brutto terremoto che nel 1456 spaccò le pendici del Monte Nerone) dalla soprastante Gola dell’Infernaccio.
Il Santuario fu eretto nell’XI secolo con il nome di “Santa Maria in Mavi“, contrazione dell’appellativo mariano “Amabilis” o “Amavilis”.
La leggenda narra che la Vergine Maria apparve ad alcuni pastorelli che si trovavano sul Monte Nerone. Questi, camminando fino al punto della manifestazione divina, trovarono, seminascosta nel terreno, una tavoletta in legno con l’effige della Madonna.
Probabile che qualche eremita del tempo l’avesse persa mentre cercava pace e solitudine tra le montagne.
I pastorelli portarono a valle la sacra immagine e la collocarono in una “maestadella” che poi, nel 1280, divenne Santuario.
La tavoletta della Madonna venne posta in un’edicola votiva che costruirono in suo onore all’interno della chiesa.
Si narra che le prime ad arrivare furono le donne di Piobbico che, per la fretta, erano giunte lì con in mano ancora la rocca utilizzata per la filatura; la rocca era un bastone di canna con un ciuffo di canapa o lana posto sulla sommità.
Nel 1478 Nicolò di Federico Brancaleoni lascia scritto che vuole essere sepolto nella chiesa di “S. Maria de Valle Abyssi”.
Nel 1489 la Chiesa viene affidata all’Ordine dei servi di Maria della Provincia Romana; qui si stabilirono perché chiamati dai Conti Roberto e Federico II Brancaleoni in qualità di artisti.
Nel 1850 segue un ampliamento e un parziale restauro della chiesa, sul lato sinistro viene costruita la Cappella dedicata all’immagine sacra della Madonna.
Qui vi è un ancona rinascimentale, voluta da Padre Simone da Cremona (1529), contenente l’immagine della Madonna.
Tra il 1974 e il 1976 la Cappella venne ristrutturata con la costruzione di un altare in pietra del Furlo.
La tavola sacra oggi risulta molto ritoccata e non presenta più l’aspetto originario ed è stata abbellita da una cornice costituita da un gruppo di angeli bronzei dello scultore romano Vincenzo Montrone che risale al XVI secolo.
Negli anni ’50 fu riportato all’antico splendore il soffitto e durante i lavori vennero alla luce tre antichi affreschi di scuola umbro-marchigiana del XIV-XV secolo voluti da Antonio Felici da Piobbico nel 1519 e raffiguranti il Battesimo di Gesù, l’Annunciazione e una testa di Sant’Antonio Abate.
Da documenti del 1520 sappiamo che furono eseguiti da Fabrizio Fabrizi, artista di Sant’Angelo in Vado.
 

Architettura Esterna

La struttura della chiesa è costituita da muri portanti di notevole spessore di pietra locale; la facciata è costituita da un portico, costruito in epoca posteriore, è realizzato con archi in mattoni retti da quattro colonnine in pietra con capitelli rozzi.
In corrispondenza dell’arco centrale si apre il portale in pietra bianca scolpita, sullo stipite è inciso un esametro invocante protezione sui visitatori: “Nosque Theotocos tibi sevos aspice primo et quemcunque tuum Parthenos viset asilum” (Propizia guarda noi tuoi servi per prima, o madre di Dio, e chiunque, o Vergine, visiterà il tuo asilo).
In asse con il portale vi è un semplice rosone.
A destra dell’edificio si erge il campanile costruito su muri di pietra con cella campanaria in mattoni.
 

Architettura interna

Per quanto riguarda l’architettura interna della chiesa, la pianta, a navata unica, è in stile romanico e risulta piuttosto sobria, venne modificata solo nel 1850.
La navata si chiude con un presbiterio ad abside curva, dove si ammira un crocefisso in maiolica, opera di Valerio Valeri di Civita Castellana (VT).
Sulla navata si trovano cinque capriate a vista.
L’abside è coperta con volta a cupola semisferica con costoloni in pietra.
La cappella dedicata alla Madonna è voltata a botte con decorazioni a quadrati e losanghe.
Nel 1700 la chiesa aveva sette altari: 6 lungo le pareti e l’altare maggiore al centro dell’abside.
Entrando nella chiesa, sulla parete di destra c’erano: l’altare di S. Filippo Benizzi, dell’Assunta e dell’Annunziata; mentre sulla parete di sinistra: l’altare dell’Addolorata, la Cappella della Madonna di Val d’Abisso e l’altare della Concezione.
Nel primo e nel terzo altare di destra e nel primo a sinistra durante dei lavori di restauro, nel 1960, sono stati riportati alla luce importanti affreschi di scuola umbro-marchigiana: nel primo altare è raffigurato il Battesimo di Gesù, nel terzo una Annuciazione e nel primo a sinistra una testa di S. Antonio Abate.
Di fronte all’altare dell’Annunciazione, nel 1530 Federico Giulio Felici, capitano delle milizie di Urbino, fece erigere un altare e commissionò sempre a Raffaellin del Colle il dipinto di una Concezione che sparì però nel 1800 e che fu poi sostituito da una Madonna del Rosario di scuola baroccesca.
Di questo altare rimangono due semicolonne in travertino con lo stemma dei Felici e la scritta a sinistra: “Hoc opus Federicus Fellicis erexit MDXXX“; a destra: “In Honorem Virginis Mariae“.
Nell’altare centrale di destra si trova una pala raffigurante l’Assunzione della Vergine con l’effige di santi dipinti sulle due ante di chiusura: all’interno S. Antonio Abate e S. Sebastiano, all’esterno San Francesco d’Assisi e S. Gerolamo.
Tale opera dipinta ad olio tra il 1524 e il 1532 si attribuisce a Raffaellin del Colle e fu commissionata da Antonio e Roberto Brancaleoni.
Tra gli altari sulla parete destra ci sono tre monofore, che danno luce alla chiesa.
Sopra l’ingresso della chiesa è presente una cantoria priva di organo.
A lato dell’abside, un’altra opera di notevole valore artistico è un affresco cinquecentesco raffigurante la Vergine e il bambino tra San Filippo Benizi e il Beato Barbetta (eremita del luogo nel trecento).
Questo soprannome era stato scelto affettuosamente dalla gente del posto a sottolineare il fatto che gli crescessero pochi peli di barba sul mento.
Sulla parete sinistra della cappella della Madonna una lapide in latino ricorda che lì riposano le spoglie di Caterina, moglie di Francesco Cancellieri.
Caterina era una contadina di Piobbico che lavorava inneggiando Gesù; si ammalò presto di una grave malattia che la costrinse a letto per ben dodici anni.
Caterina sopportò con grande fede i suoi dolori, fino al giorno in cui sentì avvicinarsi la sua morte; allora espresse il desiderio di salutare per l’ultima volta i suoi buoi, uno di questi, davanti a numerosi testimoni, salì la ripida scalinata della casa e andò ad affacciarsi alla finestra della stanza dove giaceva la donna.
Questo fenomeno accrebbe l’alone di santità che già circondava la donna e anche un miracolo che ci fu tempo dopo: suo figlio, che si trovava su di un carro tirato dai buoi, durante un’alluvione, stava per essere risucchiato dalle acque, ma invocando l’aiuto della madre, sentì una mano che lo portò in salvo a riva.
 

Curiosità

Ogni anno l’8 settembre a Piobbico si festeggia la Natività di Maria.
Un tempo, quando la festa era ancora molto sentita, fervevano lunghi preparativi.
I ragazzi della città, con grande anticipo, andavano per i boschi del Nerone a raccogliere fascine di legna da ardere, le portavano in città e le accatastavano attorno a pali infissi nel terreno.
Ogni gruppo di ragazzi faceva a gara a chi costruiva la catasta più grande.
La leggenda narrava che la Madonna stessa avrebbe poi premiato la pira più luminosa.
I festeggiamenti iniziavano la sera della vigilia, quando venivano accesi, per le vie cittadine, i “lumimarzi“, enormi falò; ma prima di accendere le pire, si attendeva il segnale dal monte Nerone.
Qui, infatti, i pastori accendevano il falò più grande che contemporaneamente al tramontare del sole creava una luminosità così intensa che sole e pira diventavano una cosa unica.
Questo era il segnale che faceva partire nella zona sottostante l’accensione consecutiva di tutte le altre pire.
Il vero fulcro della festa è il giorno successivo, quando le donne piobbichesi, vestite da contadinelle, portano in processione la rocca alla Madonna dalla chiesa di S. Pietro.
Il corteo sfila fino al Santuario di Santa Maria in Val d’abisso, per rendere onore alla sacra immagine custodita nella cappella della chiesa.
 

Fonti documentative

– “La provincia dei 100 borghi-i borghi di rosa e di bianco”, vol.1, Daniele Sacco, edizione Metauro
– “Itinerari storico artistici della provincia di Pesaro e Urbino”, a cura di Giorgio Tabanelli, edito dalla Regione Marche
– “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità delle Marche”, Fabio Filippetti, Elsa Ravaglia, Newton e Compton Editori
– Opuscolo del Dott. Sante Fini
– www.lavalledelmetauro.it
– www.comune.piobbico.pu.it
 

Ringraziamenti

Ringrazio sentitamente Suor Chiara Gloria per la gentilezza che ha avuto nell’accogliermi e farmi visitare il Santuario e il Dott. Sante Fini che mi ha concesso di riportare utili informazioni presenti nell’opuscolo “ Chiesa di S. Maria in Val d’Abisso” da lui scritto.
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Camilla Zoppis.
 

Mappa

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