Scavi archeologici di Sassovivo – Foligno (PG)

Credevamo di sapere tutto, invece l’abbazia di Sassovivo, una delle più belle dell’Umbria, svela ancora dei segreti. Buon lavoro ragazzi!

 

Prefazione

Nel corso dei mesi di maggio e giugno 2014, 2015 e 2016 si sono svolte tre campagne di indagini archeologiche promosse dalla Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio della Sapienza Università di Roma, che hanno visto la partecipazione scientifica della Facoltà di Storia e Beni culturali della Chiesa della Pontificia Università Gregoriana di Roma, degli antropologi fisici dell’Ungarian Natural History Museum e dell’Università Eötvös Loránd di Budapest e del Dipartimento di Fisica e Geologia dell’Università degli studi di Perugia.
Le indagini archeologiche, che nascono dalla collaborazione tra le citate istituzioni universitarie, sono rese possibili grazie al contributo dell’Associazione Amici dell’Abbazia di Sassovivo e della Fondazione Cassa di Risparmio di Foligno.
Esse possono contare sul sostegno della Diocesi di Foligno, proprietaria dell’area di scavo, e del Comune di Foligno, nonché sulla disponibilità e sull’ospitalità della Comunità dei Piccoli Fratelli Jesus Caritas, attuali custodi dell’abbazia, dello Studio Fabricamus – Architetura e ingegneria, Foligno e della famiglia Pierdomenico Clarici.
I lavori di scavo sono stati eseguiti sotto l’Alta Sorveglianza della Soprintendenza Archeologia dell’Umbria e della Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria.
Collaboratori senior della Sapienza Università di Roma: Michele Asciutti, Roberta Loreti, Maddalena Paolillo, Eleonora Scopinaro; collaboratori junior: Luisa Pandolfi, Matteo Pieretti.
 

La chiesa abbaziale

La ricerca archeologica rientra in un ampio studio che ha come oggetto una delle abbazie più importanti della regione oltre che dal punto di vista religioso, storico e politico, anche dal punto di vista architettonico, essendo caratterizzata da una ricca e articolata stratigrafia muraria.
L’area di scavo ha interessato parte del sagrato davanti alla chiesa e l’indagine, per quanto limitata nel tempo, ha portato alla luce alcune strutture del tutto sconosciute che gettano nuova luce sulle fasi medievali del monumento.
La prima di queste è l’originaria facciata della chiesa costituita da un muro in conci squadrati di calcare lungo 9,10 m, spesso 1,13 m e conservato per un’altezza massima di 1,30 m. Questo dato del tutto inatteso ha permesso di stabilire che la chiesa romanica, databile al XII secolo inoltrato, era ad unica navata, con abside a sud est ed era lunga ben 27,50 m.
Alla facciata nel corso della prima metà del XIII secolo fu addossata una poderosa struttura a pianta rettangolare in blocchi di pietra calcarea, di cui sono state riportati alla luce due lati, che, insieme a un altro muro ora inglobato nel fronte esterno del monastero che si affaccia sul sagrato, costituiva una sorta di avancorpo, assimilabile architettonicamente a una galilea, un elemento diffuso nell’architettura monastica del periodo e non solo.
L’interno era diviso in più navate e coperto a volta, come mostrano le tracce delle due arcate contigue visibili sulla facciata del monastero suddetto.
Nel corso della campagna di scavo 2016 si è allargato il fronte della zona del sagrato con lo scopo di indagare un ambiente sotterraneo voltato, accessibile dal cortile inferiore dell’abbazia e attualmente utilizzato come rimessa per l’autoclave.
Si sono così scoperti i resti, crollati, forse per un sisma, della copertura a volta a botte costruita con cunei lapidei e malta cementizia e due muri ortogonali in conci lapidei, paralleli alla fronte della galilea.
I risultati di questo saggio, per quanto parziali, fanno quindi ipotizzare, davanti all’avancorpo, l’esistenza di un ulteriore ambiente, con funzioni sia sostruttive sia forse anche distributive, poiché non si esclude che esso, attraverso una rampa, mettesse in collegamento la chiesa abbaziale con i livelli inferiori del monastero.
Tutte queste strutture, così come l’antica facciata,vennero demolite e obliterate nel XVIII secolo, quando la chiesa venne rimpiccolita e ridisegnata su progetto dell’architetto Carlo Murena, il quale determinò sia l’arretramento della facciata, sia una nuova veste architettonica dell’interno.
 

La fornace

La struttura, grossomodo circolare, è costituita da una parete poggiata direttamente sulla roccia naturale e fabbricata contro terra con scheggioni di mattoni e pietrame allettati di piatto con argilla, con evidenti tracce di rubefazione superficiale.
Il manufatto è collegato con una fossa di minori dimensioni, di forma ovale,con le pareti dritte tagliate negli strati di riempimento dell’avancorpo, che doveva fungere da vano per il tiraggio.
Nel punto di contatto tra le due fosse, il rivestimento in mattoni risulta tagliato in occasione della realizzazione della fossa minore, forse per adattarlo ad esigenze di lavorazione e alla necessità di fare circolare una maggiore quantità di aria.
Entrambe le cavità erano colmate da più strati di riempimento.
Al fondo delle fosse sono state individuate tracce del processo di lavorazione; il sottile strato di terreno originario, di natura argillosa, che ricopriva la roccia nella cavità maggiore e le ghiaie sciolte che poggiavano sul banco roccioso di quella minore, una volta esposti alle alte temperature, hanno subito una scottatura che ha prodotto una linea rubefatta, compatta, alta circa 4 cm.
In entrambe le cavità sono stati individuati strati di riempimento di terra argillosa di colore scuro e mista a pietrisco, che contenevano consistenti resti di carbone, mattoni e scorie di bronzo.
Un muro-diaframma, formato da blocchi sbozzati in calcare bianco e zeppe di laterizi, separa le due cavità e sembra probabile che venne realizzato nel corso della preparazione del processo di lavorazione o a seguito di un cambio di utilizzo del manufatto.
La presenza di numerosi grumi di bronzo all’interno degli strati più profondi, la collocazione della fornace e le sue dimensioni, permettono d’ipotizzare che il manufatto debba essere identificato con una fornace fusoria per la realizzazione di campane.
Conferma tale identificazione il ritrovamento di un frammento di “camicia” di campana, l’intercapedine che veniva realizzata per creare lo spessore nel quale, una volta rimossa, veniva fatto colare il bronzo.
L’aspetto liscio e regolare della superficie interna costituisce un indizio dell’uso del tornio per la modellazione degli stampi, di cui rimangono tracce evidenti anche sul piano di lavorazione.
Per quanto riguarda in fine la sua collocazione al centro dell’avancorpo va sottolineato che essa è legata a motivazioni rituali e ad esigenze pratiche.
Come è noto le campane, per tutto il medioevo, venivano fuse all’interno della fabbrica degli edifici di culto perché nel corso delle delicate operazioni di preparazione che prevedevano la colatura del bronzo liquido, per secoli considerato legato alle forze del male, questo venisse consacrato e, attraverso il rito religioso che accompagnava il suo passaggio dallo stato liquido a quello solido, divenisse l’oggetto liturgico che conosciamo, sacro per antonomasia, e capace con il solo rintocco di richiamare i fedeli, di scandire gli appuntamenti e di allontanare il maligno.
Al rito assisteva, insieme alle autorità politiche e religiose e al committente, anche la popolazione del luogo.
Il ritrovamento della fornace per campane, forse quelle per la chiesa di XIII secolo, introduce quindi il problema della presenza di un campanile medievale, di cui fino ad ora non è stata individuata alcuna traccia.
 

Le Tombe

Gli scavi hanno permesso di appurare che, nel corso del tempo, sia l’esterno che l’interno dell’avancorpo vennero adibiti ad area funeraria.
Le indagini hanno rivelato l’esistenza di alcune sepolture monumentali a cassone costruite lungo la fronte e lungo il fianco NE dell’avancorpo, per certo destinate a personaggi di rango elevato.
Sempre lungo il fianco NE dell’avancorpo, ma distaccate da esso, sono state invece scoperte alcune sepolture terragne, in cui l’assenza di divisioni tra gli inumati fa pensare a una fossa comune, la cui realizzazione deve essere forse legata a eventi particolari, quali carestie o epidemie; i reperti ceramici recuperati all’interno della fossa permettono di attribuire le deposizioni ad un periodo compreso tra il XIV e il XV secolo.
Al di sotto della fossa comune sono state individuate tre tombe costruite con lastre di calcare ancora in situ, comprese quelle della copertura: orientamento, quote, tecnica edilizia e rapporti stratigrafici fanno pensare a un’area funeraria o comunque a un nucleo di sepolture antecedenti la costruzione della galilea, che si pone intorno alla seconda metà del XIII secolo.
Le due sepolture in conci lapidei addossate alla fronte dell’avancorpo dimostrano che alcune delle tombe monumentali sono state trasformate in veri ossari.
Le analisi degli antropologi, ancora in corso, evidenziano il carattere comunitario e laico delle deposizioni e sembrano rimandare a figure benestanti della società bassomedievale del tempo.
Di grande importanza la presenza dei resti di una donna adulta il cui cranio presentava le tracce di una trapanazione circolare: si tratta di una scoperta di grande rilievo, sia perché la donna è sopravvissuta all’intervento, sia perché è il secondo caso attestato archeologicamente per il Medioevo in Italia di una simile pratica chirurgica; eseguita evidentemente in seguito a un trauma o malattia, essa attesta notevoli capacità medico-chirurgiche per quei secoli.
Due sepolture sono state rinvenute anche all’interno dell’avancorpo, di cui una monumentale a cassone litico addossata alla facciata della chiesa romanica e l’altra realizzata con una coperture di lastre di calcare,che conteneva lo scheletro di una giovane donna posta accovacciata e di fianco.
La presenza tra gli inumati di adulti e di bambini di entrambi i sessi, conferma la funzione di cura animarum svolta dal monastero, tra il XIV e il XVI secolo, per una parte sicuramente ristretta e presumibilmente elitaria, della popolazione folignate, che dovette scegliere questo luogo per motivi devozionali, per rapporti parentali con religiosi che vivevano all’interno dell’abbazia e/o anche per rapporti clientelari.
 

La vista

Per motivi di conservazione, in attesa della prossima campagna di indagini 2017 e del futuro progetto di valorizzazione e di musealizzazione, l’area archeologica non è al momento visibile.
 

Nota

Articolo e galleria fotografica prodotti da Lia Barelli, Maria Romana Picuti, Raffaele Pugliese.
 

Bibliografia ragionata

AA.VV., L’abbazia di Sassovivo a Foligno, Milano 1992;
B. Sperandio, Chiese romaniche in Umbria, introduzione di Bruno Toscano, Perugia 2011, pp. 69-70, 221-222, n. 96;
L. Barelli, R. Loreti, M.R. Picuti, R. Taddei (a cura di), Oltre le Carte. L’abbazia di S. Croce di Sassovivo presso Foligno e la sua realtà materiale. Presentazione degli studi condotti dalla Scuola di Specializzazione in Beni Architettonici e del Paesaggio, Sapienza Università di Roma,Perugia 2014.
 

Da vedere

Abbazia di Sassovivo
 

Mappa

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