Chiesa di San Pietro extra moenia – Spoleto (PG)

La facciata di questa chiesa è straordinaria, si può definire, senza esagerare, forse la più bella dell’Umbria.

 

Cenni Storici

Eretta alle falde del Monteluco dal vescovo spoletino Achilleo, all’inizio del quinto secolo, come luogo cimiteriale per i vescovi, in un sito che già dal settimo secolo a.C. era adibito a sepoltura.
Durante i secoli successivi conobbe diversi interventi di restauro e di ammodernamento, di cui il più importante fu quello che, alla fine del dodicesimo secolo, strutturò l’attuale facciata con gli splendidi altorilievi che la rendono una delle più belle dell’Umbria.
Nel 1329 fu incendiata dai ghibellini, in occasione di una battaglia cittadina, e ricostruita negli anni successivi.
Ancora nel 1393 la chiesa risultava in rifacimento giacché in tal periodo Bonifacio IX concedeva indulgenze a chi avesse contribuito alla ricostruzione dell’opera.
L’interno fu trasformato alla fine del diciassettesimo secolo secondo il gusto prevalente dell’epoca, come si legge su una lapide.
Nel 1650 in occasione della pavimentazione del coro venne rinvenuta una tavola marmorea e due sarcofagi; la tavola ricordava la sepoltura effettuata in loco del vescovo Amasio, a capo della diocesi spoletina dal 476 al 489.
Si accede alla chiesa tramite un’ampia scalinata seicentesca.
La parte più interessante dell’edificio è indubbiamente la facciata, partita da spesse cornici orizzontali intersecate da larghe lesene verticali che le conferiscono un equilibrio compositivo quasi rinascimentale.
All’interno di questa struttura di base, riquadri minori contengono bassorilievi figurati e altri ricchi ornamenti distribuiti armonicamente.
Partendo dall’alto a sinistra si trova una statua di San Pietro, a destra Sant’Andrea; sotto due tori in pietra, quali simboli di vita destinati al sacrificio, come Cristo; il rettangolo centrale doveva essere destinato ad accogliere una grande figurazione sacra, forse a mosaico, ma è rimasto vuoto.
Tre rosoni animano l’ordine mediano; quello centrale di cui restano la cornice esterna a decorazioni musive cosmatesche e i bassorilievi con i simboli degli Evangelisti negli angoli, è molto simile a quello della Cattedrale, ma di qualità inferiore.
Nella parte bassa della facciata si aprono tre portali fiancheggiati da animali in pietra; ai lati di quello centrale, ornato da due leoni, sono due serie di bassorilievi figurati contenuti entro pannelli rettangolari.
A sinistra dall’alto verso il basso si trova la Morte del Giusto, tra i migliori di tutta la facciata: San Pietro libera il giusto dalle catene; la bilancia che pesa la sua anima pende dalla parte di San Michele Arcangelo ma un demonio, che mostra un cartiglio su cui è scritto DOLEO Q(UIA) AN(TE) E(RAT) MEUS, mi affliggo perché prima era mio, tenta di rubare sul peso abbassando la bilancia dalla sua parte ed è punito da San Pietro con un colpo di chiave; il pentimento, anche in punto di morte, salva l’anima dell’uomo.
La Morte del Peccatore: due demoni torturano il corpo del peccatore incatenato, che poi viene gettato dentro un pentolone mentre San Michele si allontana, che la bilancia pende dalla parte dei diavoli.
Il leone e il taglialegna: questa scena allude forse all’astuzia dell’uomo nel liberarsi dall’influenza del demonio.
Il leone ha una zampa incastrata in un tronco d’albero, appare sofferente e minaccioso, la coda alzata verso l’alto indica chiaramente l’atteggiamento aggressivo e spaventato dell’animale, ma il coraggioso boscaiolo, imbraccia la scure per spaccare in due il tronco e liberarlo.
Il leone e l’uomo supplice: l’uomo umile e penitente è risparmiato dal leone, simbolo della Misericordia di Cristo; secondo altre interpretazioni, il leone, con la coda tra le gambe, simbolo di atteggiamento amichevole e di sottomissione, riconosce il taglialegna che, nel riquadro superiore, lo ha liberato dalla trappola.
Tale ipotesi è avvalorata anche dall’abbigliamento del personaggio chino di fronte al leone, il cui copricapo e la cui veste sono pressoché identici a quelli indossati dal boscaiolo nella scena superiore.
Il leone e il soldato: la punizione divina si abbatte sull’uomo peccatore, attaccato ai beni mondani, simboleggiato dal soldato che orgogliosamente ha sfidato il leone e ne è sbranato.
Qui il leone mostra tutta la sua aggressività, la coda è rivolta verso l’alto e con gli artigli tiene ferma la testa dell’uomo che ha aggredito, nell’atto di divorarla; il soldato ancora impugna la spada nella mano destra, segno dell’ultima lotta prima di essere sopraffatto.
Cristo lava i piedi a San Pietro.
Nella prima scena, a sinistra, Pietro sembra ricusare l’offerta del lavaggio dei piedi, ritrae indietro le gambe e scosta con la mano il pano tenuto in mano del Cristo, nella seconda il Cristo sta lavando i piedi all’apostolo che si tocca il capo, la simbologia è quella del lavaggio dei peccati, simbolo del battesimo.
Vocazione dei Santi Pietro e Andrea. I due pescatori, Simone e Andrea, sono a bordo di un’imbarcazione tondeggiante, il Cristo con una mano li chiama e con l’altra sorregge una pergamena.
La volpe finta morta e i corvi: concisa illustrazione di una favola in cui la volpe è simbolo demoniaco e i corvi rappresentano le anime attratte dai beni materiali.
La volpe fu considerata, per tutto il medioevo, un animale dalla forte connotazione negativa, in primo luogo per il colore rossiccio del suo mantello, considerato colore demoniaco, simbolo d’ipocrisia e di tradimento.
Nell’Apocalisse di Giovanni, la “Grande prostituta Babilonia“, indossava abiti di “porpora e rosso scarlatto” e cavalcava un mostro a 7 teste: “un rosso animale pieno di orribili vizi“.
Il rosso è, inoltre, il colore del fuoco, emblema degli inferi, e del sangue.
La leggenda riporta, inoltre, che la volpe affamata si finge morta, sdraiandosi supina e trattenendo il fiato; a quel punto i corvi, ritenendola cadavere, le si posano sopra per divorarla e la volpe li ghermisce e li uccide.
Anche Satana si comporta in tal modo: finge di essere ciò che non è per attirare gli uomini e divorarne l’anima.
Il lupo studente e il montone: illustrazione di una favola satirica in cui il lupo, indossato il saio monacale, si fa studente e vuole imparare a leggere ma i suoi occhi, anziché dal libro, sono attratti dall’ariete che fugge.
Il leone e il drago; il leone, o secondo altra interpretazione la pantera, che mette in fuga il drago simboleggia Cristo che sconfigge il male.
Il leone nel Medioevo è simbolo positivo, che mette il suo coraggio a disposizione del bene degli uomini e lo stesso suo ruggito è emblema della Parola di Dio.
Per la sua forza e per la convinzione che dormisse ad occhi aperti era spesso posizionato all’esterno di edifici sacri, di solito in coppia, i leoni stilofori.
Durante il Medioevo il drago era, per il simbolismo cristiano, una delle incarnazioni di Lucifero.
Le raffigurazioni dei rilievi posti in alto, a sinistra e a destra, raffiguranti la Morte del Giusto e del Peccatore e i due con San Pietro, non fanno riferimento ai temi della fabulistica medievale, il materiale utilizzato è diverso e l’esecuzione, in particolare per la Morte del Giusto è più raffinata, ciò porta a far sospettare una diversa bottega o un periodo di esecuzione diverso rispetto al resto dei bassorilievi posti inferiormente, che appartengono probabilmente alla stessa epoca, tra la fine del secolo XII e i primi del XIII e sono verosimilmente opera di un unico gruppo di scultori.
Tutt’intorno al portale maggiore sono disposte altre sculture, la cui datazione è controversa, secondo Bruno Toscano appartenenti al pieno XIII secolo, secondo Joan Esch coeve alle precedenti. Nell’architrave e negli stipiti un tralcio vegetale che nasce da una croce e si dirama in eleganti volte, è l’Albero della Vita che allude al Paradiso.
Ai lati tre coppie di bassorilievi si alternano a gruppi di finte gallerie a colonnine tortili, scanalate e fogliate, il cui fondo è inciso a motivi geometrici e rosette di grande effetto decorativo.
I bassorilievi, simmetrici rispetto al portale, rappresentano in basso il lavoro dell’uomo, simboleggiato dal contadino che ara spingendo i buoi; al centro una cerva che divora il serpente mentre, solo nel portale di destra, allatta il piccolo; in alto un pavone.
Tutte queste sculture alludono al cammino che l’uomo deve compiere per liberarsi dal peccato e giungere alla Redenzione: il lavoro umano è il risultato del peccato mentre la Redenzione per mezzo di Cristo è simboleggiata dai cervi che divorano il serpente; il pavone, simbolo della resurrezione e della vita eterna, allude all’immortalità dell’anima e l’albero della vita che nasce dalla croce simboleggia il Paradiso.
Tutte le raffigurazioni del portale, l’albero della vita, il pavone, il cervo sono tipiche degli albori del cristianesimo, il contadino sembra vestito come un legionario romano, il marmo utilizzato per scolpire i rilievi, di colore giallastro, è nettamente diverso da quello grigiastro utilizzato per il resto della chiesa, che sia questo il portale originale del V secolo, di pertinenza dell’edificio fatto costruire dal Vescovo Achilleo? La domanda non ha risposta certa, ma l’ipotesi è intrigante, anche se improbabile.
Joan Esch sottolinea la somiglianza con i rilievi della chiesa di Santa Maria Impensole a Narni, ove si legge nell’architrave della porta centrale la data 1175 e rilevante è anche la somiglianza con i rilievi dei simboli dei quattro evangelisti.
Sopra la porta centrale un arco è il troncone di una cornice circolare, forse appartenente ad un rosone.
Ai suoi lati sono collocate due aquile e due lastre con ornamento a mosaico di gusto cosmatesco.
Sopra le due porte laterali architravate, sormontate da archi con ai lati due aquile, vi sono due formelle contenenti l’una San Michele Arcangelo che trafigge il drago e l’altra un Santo vescovo.
Entrambe le porte laterali sono affiancate da due arieti.
Il capriccioso campanile è un’aggiunta del XVIII secolo.
 

Interno

È a tre navate absidale, con pilastri che sorreggono archi a tutto sesto, e presenta somiglianze con quello della cattedrale, anche se manca l’imponenza e il rigore dell’architettura dell’Arrigucci.
Il barocco romano che caratterizza l’aula basilicale trova il suo completamento nell’elegantissima cupola ellittica, unica in Umbria, che conferisce un forte senso di ascensionalità a tutto l’ambiente.
Nella controfacciata sinistra un affresco della fine del XV secolo o all’inizio del successivo raffigura L’Eterno, in basso due santi vescovi e il committente.
Nella navata sinistra, al primo nicchione c’è uno splendido Battistero del 1487 in marmo finemente lavorato, presso il primo pilastro un’acquasantiera anch’essa in marmo finemente lavorato.
Il primo altare è ornato da una tela raffigurante Madonna col Bambino coronata da angeli, in basso San Silvestro Papa, San Giovanni Battista, San Girolamo e San Sebastiano, datata 1597 e firmata Angelo Sillani; nel secondo altare Ultima Cena; nel terzo altare Madonna e due Santi, bassorilievo in marmo del secolo XIV.
Nel transetto sinistro è posto un Crocifisso ligneo, di buona fattura, risalente alla fine del XV secolo o all’inizio del successivo.
Nella navata destra sul quarto altare, di buoni marmi, San Pietro ordina un vescovo, di un pittore tardo seicentesco, al terzo altare Adorazione dei Magi, opera di un pittore manierista umbro della seconda metà del secolo XVI; nel secondo altare Predica di San Paolo, tela del secolo XVII, nel primo altare Annunciazione.
Sul primo pilastro di destra altra acquasantiera.
Nella controfacciata destra resti di affreschi quattrocenteschi di difficile lettura.
Nella chiesa sono conservati e venerati i corpi del santo vescovo spoletino Antimo Martire, morto nel 176, di Giovanni II, vescovo dal 492 al 546, anno presumibile della morte, martirizzato sotto i Goti comandati da Totila, e traslato dalla Chiesa di Sant’Eufemia in data sconosciuta e del vescovo Pietro (?-594), che assistette alla creazione del Ducato Longobardo.
Vi sono, inoltre, alcune lapidi marmoree appartenenti a diverse epoche.
 

Canonica

Sulla destra della chiesa, il muro dove si apre l’ingresso alla vecchia canonica è in gran parte composto di materiali antichi, tra cui due lapidi tombali iscritte.
Altro materiale lapideo antico, non soltanto di età romana ma anche altomedievale e romanica, si trovava nel chiostro della canonica e nei terreni intorno la chiesa: il più antico tra essi doveva appartenere alla grande necropoli che si estendeva nella zona e che fu in uso dai tempi pre-romani fino ai primi tempi cristiani.
Sotto il portico di destra si trova un’interessante fontanella, con la classica bocca di leone, ormai consunta dal tempo.
La vasca monolitica, di forma tondeggiante, è sorretta da un basamento cilindrico, anch’esso monolitico, forse entrambi elementi di spoglio.
Sopra la vasca è presente uno stemma incompiuto, scolpito solo a metà; raffigura uno scudo con al centro due leoni rampanti messi di profilo, in posizione speculare, mentre sorreggono una corona d’alloro; sotto lo scudo son poste due palle.
Si tratta forse di un antico stemma della nobile famiglia Brancaleoni, presente a Spoleto fin dal XV secolo.
 

Fonti documentative

GENTILI L., GIACCHÉ L, RAGNI B. E TOSCANO B., L’Umbria,Manuali per il Territorio. Spoleto, Roma, Edindustria, 1978
ESCH JOANLa Chiesa di San Pietro in Spoleto, la Facciata e le Sculture, con una premessa di Bruno Toscano, Firenze, Leo S. Olchki – Editore 1981
 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Da vedere nella zona

Eremo di Monteluco
Abbazia di San Giuliano
Abbazia di San Ponziano
 

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