Casale di Valle Rosa – Sustrico di Spoleto (PG)

 

Le origini del nome

La storia di Valle Rosa è legata alle vicende di un antico casale con torre situato in posizione collinare rispetto alla via Flaminia in località Sustrico, a circa un km e mezzo da Spoleto provenendo dal Valico della Somma (Terni).
La più antica testimonianza storica su questa area è una disposizione degli Statuti Comunali di Spoleto del 1296 dove si dice che la località di Sustrico viene qualificata nel novero delle ville ufficiali del Comune di Spoleto.
Il nome di Valle Rosa o meglio di Valle Bosa, perché è quest’ultima la vera origine del toponimo ancora in uso, risale almeno al XIV secolo ed infatti nel catasto del 1345 di certo Paletto di Giglietto Patricano (ossia originario di Patrico, paese della montagna spoletina) proveniente dalla Vaita San Benedetto (le vaite erano gli antiche suddivisioni di Spoleto) si legge che possedeva un terreno arativo posto nella villa di Patrico proprio in vocabolo Valle Bosa.
Una vera rarità trovare un attestazione documentale risalente a circa 700 anni di un nome di una località ancora in uso.
Probabilmente, nacque come la valle di un tale boso e per accordare il nome al genere della parola valle si è trasformato in bosa, ma spesso si trova anche valle bose.
Nella mappa catastale del 1939 il toponimo lo si trova definitivamente consolidato in Valle Rosa e proprio da ciò deriva l’attuale nome dell’attività ricettiva.
La nuova denominazione si sarebbe originata da un errore materiale di trascrizione; fin di registri catastali di fine ‘800 si trovano infatti alternati “Valle rosa” e “Valle bosa” con successiva prevalenza di quest’ultimo in realtà storicamente errato da ciò quindi, per quanto strano, nasce il toponimo di Valle Rosa ormai conosciuto ed affermato in quanto associato all’attività ricettiva.
 

La Torre, il Casale e l’Affresco

Nella parte più antica del casale si vede il piccolo affresco datato 1433 o 1473, tipica icona devozionale del‘400 che raffigura una raffinata Madonna con Bambino in braccio ed è opera di un ignoto ma talentuoso pittore locale.
La torre è senza dubbio l’elemento architettonico caratterizzante e sicuramente il manufatto più risalente e rappresenta l’elemento fondamentale cui successivamente sono stati addossate le altre porzioni di fabbricato.
Non è escluso, vista la mole e la posizione dominante sulla importante via di comunicazione Flaminia alle porte di Spoleto, che si trattasse di una torre nata per usi militari di avvistamento e controllo e poi adibita a colombara.
La palombara si ispira per la sua struttura architettonica alle torri che si ergevano numerose nelle varie dimore signorili cittadine e tali torri colombaie si diffonderanno moltissimo in tutta la campagna spoletina.
Venivano edificate da famiglie nobili e borghesi nei loro possedimenti ed erano abitate da contadini per l’allevamento dei colombi.
Il casale era diviso in un casino con funzione di dimora residenziale signorile e in un casale vero e proprio costruito simmetricamente alla torre; il casale rustico aveva funzione di rimessa agricola, stalla e al piano superiore di residenza per i contadini.
Per la parte del casino, ancora visibile presso la “saletta d’ingresso” della Sala Diana è una antica finestra dove sono i segni di una inferriata di protezione e, presso il cortile della attuale Sala Venere, una porta cinquecentesca, ora trasformata in finestra della cucina che probabilmente era l’ingresso principale della casa.
L’attuale sala grande per ricevimenti (Sala Diana) è stata invece edificata a circa metà ‘900 trasformando spazi adibiti un tempo a stalle e porcilaie in una accogliente e grande sala ristorante. Proprio nella seconda metà del’900 i due fabbricati, la torre con il casale e il casino sono stati uniti da una porzione di edificio ad angolo che ha fatto assumere al complesso la sua attuale fisionomia ad “U” con la caratteristica piazzetta interna, un tempo aia padronale della casa colonica.
Poche attività ricettive possono vantare di aver trovato nei documenti chi fosse il proprietario di più di 500 anni fa, e infatti è del 1478 una annotazione catastale riferibile al signor Anselmo di Bernabeo di Sanpuccio, appartenente alla Vaita San Benedetto di Spoleto dove si legge che:
…habet terram aream cum domo in circuito civitatis et vocabulo Valle Bosa…” (una terra, un’aia con casa nel circuito della città di Spoleto vocabolo Valle Bosa)… Probabilmente è stato lui il committente dell’affresco ?!
 

Il lungo periodo dei Nobili Mauri di Spoleto

Non è stato possibile capire come e perché la famiglia Mauri diventi proprietaria dei beni di Valle Bosa ma una pergamena del catasto del 1545 ci consegna la notizia che Francesco Mauri tra i suoi beni: “…habet terram cum palatio et domibus in Circuito Spoleti et vacabulo Valle Bosa iuxta viam a pede et aliis duobus lateribus, bonam heredum Francisci Cottalbrodi a duobus. Que est modioli triginta et unus staria octo e pugilli tres. Extimata per modiolum florenos triginta; capit libras VCCCCLIIII (954 lire) solidos XVIII”. (…ha terra con palazzo e case nel circuito di Spoleto, vocabolo Valle Bosa, confinante con la via da piedi e altri due lati, i beni degli eredi di Francesco Cottalbrodi per due lati, superficie 31 modioli, 8 staia e 3 pugilli, stimati 30 fiorini per modioli, la libra è pari a 954 lire…)
Da questo momento in poi e fino alla fine del 1700 il casale è stato di proprietà dei Mauri, famiglia nobile originaria della Valnerina e che si stabilì a Spoleto.
Tra i più importanti esponenti di questa famiglia vi è Andrea Mauri; nel 1623, l’allora possessore di Valle Rosa, fu il finanziatore della costruzione della nuova Cappella della SS. Icone della Cattedrale di Spoleto, ed oltre che nobile spoletino, fu prefetto generale delle poste e delle dogane sotto i Pontificali di Paolo V e Urbano VIII, fatto che generò le fortune della famiglia che di lì a poco avrebbe costruito il grande Palazzo Mauri, ora sede della biblioteca comunale di Spoleto.
Dopo di lui il casale per successioni ereditarie passò ai figli, di cui sappiamo che si divisero i boschi intorno al casale e poi ai nipoti; tra questi discendenti c’era anche un tale Domenico Priore della Cattedrale di Spoleto, erede dei nobili Ridolfi così che il cognome si trasformò in Mauri-Ridolfi.
Si è anche trovato notizia di un inventario del 1761 dei beni ereditari di Carlo Mauri dove si descrive minuziosamente il mobilio presente nel casino di Valle Bosa, proprio tale Carlo designerà erede sua nipote Barbara, figlia della sorella Didona Mauri e di Giovanni Bonavisa.
 

dai Marchesi Bonavisa e Guadagnoli ai Conti della Genga

Così da fine ‘700 ai primi del’800 la tenuta passa alla Marchesa Barbara Bonavisa, erede Mauri, moglie di Girolamo Guadagnoli, marchese originario di Collescipoli vicino Terni, con ciò terminando il lungo periodo dei Mauri.
I coniugi designeranno loro successore la figlia Colomba Guadagnoli che avrà il possesso di Valle Rosa dal circa 1805 al 1834.
Nel catasto gregoriano del 1835 si riporta l’edificio nella particella 467 come “casa colonica con corte” di proprietà della signora Marchesa Guadagnoli Colomba, sotto il toponimo “vocabolo Valle Bosa” appartenente al fondo di Sant’Anna.
Con quest’ultimo toponimo ci si riferisce all’ex convento di sant’Anna, primo insediamento a Spoleto dei frati Cappuccini almeno del 1535 che sorge a monte di Valle Rosa.
Dai successivi registri risulta che la tenuta passa al Conte Alfonso Sermattei Della Genga nipote del papa Leone XII (il papa Annibale della Genga era infatti fratello del padre e quindi zio di Alfonso).
La marchesa Guadagnoli oltre ad aver editato dalla mamma marchesa Bonavisa, molti dei beni dei Mauri, era anche erede del marito Lorenzo De Domo Alberini ultimo discendente di altra antica e nobile famiglia spoletina, Proprio attraverso il testamento di Colomba il tutto arrivò nel casato delle Genga e tra questi anche molti beni rustici come il casale di Valle Bosa.
Si sa invece che le vicine terre di Sustrico appartenevano almeno dal’500 ai nobili Leti e che dopo vari passaggi di proprietà furono rivendute agli Antonelli nel 1851.
Proprio dagli Antonelli verrà infatti costruito nel 1892 il ponte di accesso ancora in uso per raggiungere Valle Rosa: esiste ancora una targa sul ponte che ricorda l’opera degli Antonelli e dei Delle Genga che avevano messo a disposizione parte del terreno di Valle Rosa per la costruzione.
La tenuta era anticamente attraversata dalla cosiddetta “Strada dei Patricani” utilizzata dai pastori e contadini della piccola località di Patrico che dalla montagna scendevano per arrivare in città e vendere i loro prodotti.
Il conte Alfonso Della Genga morirà nel 1877 senza eredi maschi diretti e così, come aveva stabilito nel suo testamento, i beni sarebbero andati alla discendenza delle figlie di suo fratello.
Nel 1884 anno della nascita dell’erede designato la proprietà passa a Federico Della Genga De Domo Alberini figlio di Maria Della Genga e di Rodolfo Pucci Boncambj.
Il nuovo giovane erede era nato a Perugia città della nobile origine paterna e mantenne la proprietà di Valle Rosa fino al 1951 quando venne ceduta dal Conte Federico al signor Pirotta Pietro figlio di un importante studioso di botanica che lo tenne per circa venti anni.
Era il secondo dopoguerra, era finito il lungo periodo di proprietà di famiglie nobili per la tenuta di Valle Rosa ma stava anche per finire un mondo agricolo basato sulla mezzadria e i poderi colonici, dove le famiglie contadine dividevano a metà i frutti con i nobili possidenti.
 

Una storia di Famiglia

Nella seconda metà del ‘900 il casolare ha iniziato a perdere la sua funzione di casa colonica e dal 1970 sotto proprietà della famiglia Ferretti, che lo aveva rilevato dai Pirotta, è stato adibito a frantoio oleario e ristorante e, dopo vari passaggi di proprietà, nel 1993 è finalmente acquistato dallo spoletino Alberto Filippi con la moglie Elisabetta e i figli Carlo e Mauro.
Da questo momento in poi la storia di Valle Rosa è un po’ anche quella delle persone che attualmente lo gestiscono.
Alberto Filippi, papà e nonno degli attuali gestori, era originario di Baiano di Spoleto e dopo una vita di lavoro a Roma e poi ad Ardea, dove ha gestito un salumificio-prosciuttificio della ditta Cecconi Paolo, si innamorò di questo bel casale che attirava il suo sguardo ogni volta che ritornava da Roma nella sua cara Spoleto.
Alberto persona attenta e lungimirante, decise di investire i sacrifici di una vita di lavoro nella sua città natale e finalmente, dopo e grazie a sapienti ed attenti restauri il 15 maggio 1994 si inaugurerà “Valle Rosa Centro Ricevimenti”!
Il centro si afferma presto, anche grazie all’apporto di validi collaboratori ancora presenti, come location suggestiva e di successo per ogni tipo di banchetti e matrimoni.
Nel tempo Valle Rosa si è ampliata, vengono realizzate la piscina e poi nuove villette e, pur mantenendo la vocazione iniziale di ristorante per banchetti e ricevimenti, dall’originario centro ricevimenti è diventata un prestigioso country hotel caratterizzato da ospitalità familiare ed una accoglienza turistica moderna ed attenta alla cucina tipica umbra.
L’attività è ora gestita e curata, con la collaborazione di uno staff affidabile e professionale, da Carlo Filippi che vi si dedica con passione e amore portando avanti con dedizione e sacrifico l’attività rilevata dal padre Alberto.
Ad affiancare Carlo c’è suo figlio Matteo che appassionato di storia oltre che di arte e musica si è anche dedicato alle ricerche dei documenti storici sull’antico casale di Valle Rosa.
 

Nota

La galleria fotografica è stata realizzata da Silvio Sorcini mentre il testo è stato prodotto da Matteo Filippi a cui vanno i nostri ringraziamenti.
 

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