Castel dell’Aquila – Montecastrilli (TR)

Un posto gradevole da visitare immerso in un territorio ricco di storia.

 

Cenni storici

Castello edificato dai Todini nel 1294 sul sito denominato Colle Nobile, e fu chiamato così “dall’aquila”, insegna della città di Todi e fu fabbricato per propugnatolo o fortezza nei confini di altra giurisdizione (G. B. Alvi, Dizionario Topografico Tudertino, MS, 1765).
Nel 1362 il governo di Todi nominò per Castel dell’Aquila un castellano ( uomo d’arme che aveva il compito di difendere il paese ma era anche funzionario del Comune).
Nel 1366 venne distrutto dalla compagnia di ventura guidata da Giovanni Acuto, il cui vero nome era Giovanni Akwood, capitano di ventura al seguito del Cardinale Albornoz.
L’Acuto, inizialmente operò per ridurre all’obbedienza quei territori che si erano ribellati al dominio della Chiesa, in seguito si rese indipendente e, in attesa di offrirsi al migliore offerente, si accampò a Santa Restituta dove rimase per oltre due mesi, durante i quali fece numerose scorrerie.
Le truppe di Giovanni Acuto si presentavano in vari paesi e imponevano condizioni: se queste non venivano accettate procedevano alla distruzione, agli incendi e alla rapina di tutti i beni che potevano essere trasferiti.
Questa triste sorte toccò a vari paesi della zona.
Nel 1401 Mastro Giovanni di Nicola di Castel dell’Aquila fu uno degli esecutori della facciata della Chiesa di San Francesco in Amelia.
Nel 1419 mentre Paolo Colonna era accampato a Capitone venne in conflitto con le truppe dello Sforza e di Tartaglia. Durante la lotta rimasero danneggiati Castel dell’Aquila e Collicello.
Nel 1436 vi era castellano il Nobil Uomo Pietro di Ceccolo da Montecastrilli con stipendio di sei fiorini al mese. Dopo il 1464 i Chiaravallesi, privati dei possedimenti di Canale e Lacoscello, rimasero proprietari di vasti terreni a Castel dell’Aquila, e, nel 1467, acquistarono Torre di Lamberto, fortilizio al confine con Farnetta e Montecastrilli.
I Chiaravallesi, malgrado le sconfitte, non avevano perduto la speranza di ritornare a Todi come Signori della città, e, dopo ogni impresa, tornavano nei loro possedimenti dove trovavano una popolazione, in genere, favorevole per varie ragioni: alcuni per paura, altri perché erano servitori, altri ancora perché speravano di trarne vantaggio in caso di successo.
Nel 1494, in occasione della discesa in Italia di Carlo VIII, i Chiaravallesi si erano adoperati perché tremila soldati del Re di Francia svernassero presso queste zone, in località le Puzzole, nella campagna di Santa Restituta.
Negli ultimi anni del secolo XV i Chiaravallesi avevano riguadagnato molte posizioni, erano tornati in amicizia con Amelia da quando (1497) Altobello di Chiaravalle, su richiesta del governo amerino, con una schiera di soldati ben armati e audaci, aveva sconfitto gli Ortani.
Gli Amerini avevano restituito le chiavi del castello di Canale ai Chiaravallesi. Di fatto tutto il territorio che va da Castel dell’Aquila fino a Camerata era sotto il dominio dei Chiaravallesi.
Altobello di Chiaravalle si convinse che la situazione era favorevole per tentare l’attacco finale alla città di Todi. Le mire di Altobello erano ben note alla famiglia rivale degli Atti, i quali avevano già impedito che le truppe di Carlo VIII entrassero a Todi ed ora si adoperarono per tenere lontano dalla città le truppe di Altobello.
Furono fatti vari tentativi per scongiurare la battaglia.
Un prelato di Amelia, fratello di Agabito Geraldini, segretario del Duca Cesare Borgia, venne inviato a Castel dell’Aquila con il compito di convincere queste popolazioni a non seguire Altobello, ma il prelato venne ucciso da alcuni facinorosi.
“Nel 1499 i chiaravallesi usurparono il dominio di Castel dell’Aquila per opera di Altobello” G.B. Alvi ms 1765.
Nella primavera di quell’anno Amelia venne in sostegno dei chiaravallesi e mise soldati a guardia di Frattuccia e di Collicello, aiutò a rinforzare le mura di Castel dell’Aquila dove si pensava che Altobello avesse fatto resistenza all’attacco della fazione dei Guelfi.
In risposta a questi preparativi il papa Alessandro VI inviò truppe per riportare sotto il proprio dominio Camerata e Castel dell’Aquila. Avvenne allora la “demolitio et occupatio Castris Aquile“.
Le truppe papaline del reverendissimo Caprinica, commissario del Papa, duce Giovanni Cervellone, connestabile della Santa Sede, sferrarono un furioso attacco al paese, gravemente danneggiato, e snidarono da quelle terre Altobello di Chiaravalle. (Riformanze Amerine, Vol. 55, anno 1499, maggio-giugno 26).
Intanto si formarono due schieramenti: da una parte i Ghibellini (Chiaravallesi, Savelli e Colonna) con l’aiuto degli Amerini, dall’altra i Guelfi (le truppe di Giampaolo Baglioni di Perugia, Vitellozzo Vitelli di Città di Castello, Paolo e Fabio Orsini, l’abate Bernardino d’Alviano fratello di Bartolomeo, le truppe pontificie e quelle di Lucrezia Borgia, governatrice di Spoleto).
L’attacco finale avvenne nell’Agosto del 1500.
Dopo uno scontro in campo aperto i Chiaravallesi, constatata la superiorità delle truppe nemiche, si ritirarono nel castello di Acquasparta, dove il 16 Agosto ci fu la battaglia finale.
Il bombardamento effettuato con artiglierie di tipo francese durò per circa dieci ore: finalmente attraverso la porta diroccata entrarono le truppe del Papa Alessandro VI. Tutti cercarono Altobello: costui dopo essersi battuto da eroe trafelato e polveroso si era rifugiato in un fienile come un lupo nel covo. Scoperto da un soldato nemico chiamò alcuni cittadini di Acquasparta e lo indicò ad essi subito levarono grida e cento, mille mani si protesero contro Altobello. Grandinarono sul misero corpo le percosse e quasi non fosse sufficiente la morte vollero taluni continuare lo strazio di quelle membra; chi se ne portò via un braccio, chi il piede, chi il capo. Fu anche vista un’orribile vecchia azzannare il cuore di Altobello: a lei per il gesto inumano fu dato il nome di un uccello rapace: la Sparviera” (F. Mancini, Todi e i suoi castelli).
Il Papa Alessandro VI, dopo quanto era successo, mandò “a Castel dell’Aquila Domenico Caprara e Don Giovanni di Cervena capitano con due cannoni, allo scopo di ridurre all’obbedienza la popolazione, poiché non tutti accettarono gli ordini le mura del paese vennero demolite da due parti e quelli che si difesero furono senza pietà trucidati e furono circa quaranta” (G.B. Alvi, Dizionario Topografico Tudertino, MS, 1765).
Qualche tempo dopo, la ricostruzione delle mura del paese e delle torri fu data in appalto a Bartolomeo d’Alviano, il quale, oltre ad essere grande capitano di ventura, fu anche esperto ingegnere. A lui, infatti, venne affidata anche la ricostruzione delle mura di Acquasparta e, qualche anno dopo, ebbe in appalto la costruzione delle mura di cinta della città di Padova.
 

Aspetto

Del primitivo impianto castellano rimane in vista una torre angolare a pianta quadrata, bastionata direttamente collegata al residuo della cinta muraria.
Di data molto più recente è l’altra torre che emerge sull’abitato pur se realizzata secondo moduli formali medievali.
 

Museo della civiltà contadina

All’interno del paese si consiglia di visitare il “Museo della Civiltà contadina”, molto pittoresco e suggestivo composto da 3550 pezzi che ricostruiscono le abitudini della vita e delle attività lavorative agrarie del passato.
 

Fonti documentative

Calendario 2008 edito dal Circolo Culturale “ Don Vincenzo Luchetti ” Castel dell’Aquila (TR)
Provincia di Terni – “ I Castelli – Materiali per una storia per i luoghi del territorio “ Terni 1980

http://www.montecastrilliturismo.it

 

Da vedere nella zona

Castello di Collicello
Ruderi del Castello di Canale
Chiesa di Santa Maria in Canale
Convento Francescano
Grotta di San Francesco
 

Mappa

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