Abbazia di Santa Maria in Canale – Collicello di Amelia (TR)

La chiesa di Santa Maria in Canale, così nominata perché inglobata nel territorio del castello di Canale diruto (Castro analis) fu un monastero benedettino femminile medievale incorporato oggi in un casale conosciuto come il Podere di Santa Maria a Canale (nei pressi di Sambucetole, circa 6 km a nord di Amelia) che fu chiuso nel 1428.

 

Cenni storici

Non ci sono testimonianze che ci consentono di stabilire quando è stata costruita la chiesa di Santa Maria in Canale.
Il materiale di costruzione deriva da quello già utilizzato per l’antico tempio, ivi esistente in epoca romana. Nella seconda metà del secolo XIII aveva urgente necessità di restauro e, nelle sue adiacenze, c’era un monastero di suore benedettine.
Notizie interessantissime intorno a questo complesso (chiesa e monastero) possiamo ricavarle da tredici pergamene giacenti presso l’archivio della Basilica di San Paolo a Roma.
La pergamena più antica è un documento importantissimo, una Bolla di Papa Alessandro IV del 7 Aprile 1261.
In essa il Papa approvò l’osservanza della Regola Benedettina, confermò i possedimenti del monastero, dettò prescrizioni per l’osservanza della Regola e per l’elezione della Badessa.
Concesse privilegi al monastero riguardanti la chiesa e gli altari, le relazioni con il Vescovo, la consacrazione delle nuove monache.
Nella Bolla il Papa fece riferimento alle Costituzioni scritte dal Cardinale Ugolino dei Conti nel 1219 e allora accettate dalle suore di Santa Maria in Canale.
Ciò significa che il monastero era già esistente prima del 1219.
Nella pergamena dell’8 Marzo 1272, la Badessa Giovanna di Santa Maria in Canale e altre sette suore, dimoranti nel monastero (Amalia, Simonetta, Giovannella, Lucia, Agnese, Angela e Natolia), concessero, in enfiteusi, fino alla terza generazione mascolina, le terre situate nella contrada di Vallattano (ora Vallicciano), ai fratelli Offreduccio, Ugolino, Simoncello e Fazio, figli di Pandolfo di Lacoscello, al prezzo di 50 libre di buoni denari provisini.
L’atto fu sottoscritto nella chiesa di Santa Maria e ne furono testimoni Nicola di Mesciano e Giovannuccio de Lacoscello.
L’atto fu rogato dal notaio Maffeo Bonaventura.
Intanto la chiesa si era ridotta in condizioni precarie e la somma ricevuta per l’affitto dei terreni non fu sufficiente per il restauro della struttura, per cui il Vescovo di Amelia Bartolomeo, con la pergamena del 16 Marzo 1272, esortò i fedeli delle contrade di Lacuscello, Canale e Castellarum (= Santa Maria delle Castella) ad aiutare le monache nel rifacimento della chiesa.
Il Vescovo concesse 20 giorni di indulgenza a quelli che avrebbero dato aiuti agli incaricati delle monache e 40 giorni a chi avesse fatto visita alla chiesa nelle quattro festività della Madonna (il giorno dell’Annunciazione, dell’Assunzione, della Natività e della Purificazione).
Alla stessa chiesa vennero concesse Indulgenze con un’altra pergamena firmata da dieci Vescovi in data 15 Giugno 1287.
I risultati di queste esortazioni furono modesti poiché il Vescovo di Amelia, per meglio provvedere al bene del monastero, lo mise, con altra disposizione, sotto la protezione dell’Abate di San Paolo.
La decisione del Vescovo di Amelia non fu gradita dalla Badessa, che continuò ad amministrare autonomamente il monastero.
La povertà intanto rendeva più grave la situazione, anche a causa di usurpazioni e, allora, il Papa Onorio IV, con un Breve del l’Agosto 1285, incaricò il Priore di Sant’ Angelo di Spata in Viterbo di far restituire a Santa Maria una consistente somma di denaro, che un certo Giovanni di Vaccano doveva al monastero.
Nel 1290 venne espulsa dal monastero una certa donna Simonetta che, uti abatissa, gestiva il monastero per arricchire la propria famiglia.
Il Cardinale Giacomo Colonna, arciprete di Santa Maria Maggiore, venne scelto dal Papa Nicolò IV per recuperare i beni e le somme, sottratte al Monastero dal nipote della defunta Badessa Giovanna.
Nel 1335 la Badessa Angela e le monache di Santa Maria, per evitare questioni, rinnovarono il contratto di enfiteusi stipulato nel 1272.
Nel frattempo le condizioni del monastero non sembravano più adatte per la vita claustrale: era situato in un luogo quasi disabitato, non era fortificato; a causa delle guerre, che devastavano queste contrade, era spesso preso di assalto dai soldati di ventura, da briganti e da fuoriusciti, per cui, più di una volta, le monache erano fuggite in qualche monastero di altro ordine.
In conseguenza di tutto ciò il numero delle monache era diminuito.
Tutti questi motivi convinsero la Badessa di Santa Maria a chiedere l’annessione al monastero di San Magno di Amelia, unendo a quello i beni posseduti da questo.
Nel 1399, in data 17 Febbraio, il Papa unì in perpetuo i due monasteri.
La Badessa di San Magno assumeva l’obbligo di ricevere nel suo monastero le monache di Santa Maria e di provvedere perché la chiesa non fosse chiusa, ma continuasse ad essere aperta, conferendo specifico incarico ad un sacerdote (per idoneum presbiterum).
Una trentina di anni dopo tutte le monache di Santa Maria erano confluite nel monastero di San Magno.
 

Il Tempio di Santa Maria in Canale in epoca romana

La chiesa fu costruita sulle rovine di un luogo di culto etrusco-italico che fu poi monumentalizzato, probabilmente nel III secolo a. C.
Il podio della struttura risultante sopravvive sotto il livello del suolo, e parte di un muro costruito in grossi massi squadrati di travertino fornisce le fondamenta di un muro della struttura attuale.
Il tempio aveva uno spazio centrale affiancato da due sale più piccole, e un pronao con due file di quattro colonne.
Il tutto fa supporre ad un tempio a tre navate munito di abside, le murature sono dello spessore costante pari a cm. 90, formato da blocchi unici lavorati su ogni faccia di cui una parte era visibile anche dispersa nella campagna circostante sino a qualche decennio fa del secolo scorso.
Oggi il complesso rispecchia l’impostazione ottocentesca seppur oscurato da un orribile recente abitazione che ha sostituito una limitrofa bella stalla antica.
Qui è stata rinvenuta anche una lamina bronzea opistografa (scritta su ambedue le facce), con epigrafe in lingua umbra del IV-III secolo a.C.
Frammenti di questa iscrizione ( scoperta nel sito nel 18 ° secolo) fu venduta al cardinale Stefano Borgia.
Dopo la sua morte nel 1804, passarono a quello che oggi è il Museo Archeologico Nazionale, Napoli.
Una copia è stata esposta al museo di Amelia.
Queste iscrizioni in cinque linee, che utilizzano un alfabeto etrusco da Volsinii (Orvieto), sono simili, ma non identici, e la loro natura frammentaria li rende difficili da capire.
La prima riga sembra registrare la dedica di un regalo (“dunu“) per una divinità (“duvie“), forse Giove, particolarmente venerata fra le genti umbre o un’altra divinità a lui collegate.
Le altre linee probabilmente registrano i cognomi dei donatori.
L’iscrizione è collocato nel suo contesto più ampio nella pagina su iscrizioni umbre prima della conquista romana.
Il tempio pagano di Santa Maria in Canale testimonia l’incipiente monumentalizzazione dei luoghi di culto, avvenuta nel III sec. A.C. quando Roma estende il dominio in Umbria.
 

Fonti documentative

http://www.grupporicercafotografica.it/poligonale.htm

http://www.keytoumbria.com/Amelia/Museo_Archeologico.html

SANTA MARIA IN CANALE – Testo del prof. Maccaglia Giuseppe tratto dal calendario 2008 realizzato dal Circolo Culturale “ Don Vincenzo Luchetti ” Castel dell’Aquila (TR)
 

Da vedere nella zona

Castello di Collicello
Ruderi del Castello di Canale
Chiesa di Santa Maria delle Grazie – Collicello
Grotta di San Francesco – Collicello
Ruderi del Convento Francescano – Collicello
Castel dell’Aquila
 

Mappa

Link coordinate: 42.616850 12.429502

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