Castello di Canale – Collicello di Amelia (TR)

Il castello di Canale non è completamente scomparso, esistono ancora visibili i resti delle mura e un brandello di torre. Si raggiunge facilmente a piedi attraverso un sentiero nel bosco.

 

Cenni storici

Il castello di Canale è stato costruito nel periodo in cui il territorio ad est dei Monti Amerini era feudo degli Arnolfi (sec. XI-XII). Il primo documento nel quale si nomina Canale è del 1208. Subito dopo la sottomissione di Amelia da parte di Todi (avvenuta nel 1208), presso il Mercato Ospedale delle Quattro Cappelle (Castel dell’Aquila) ci fu un incontro, fra i rappresentanti di Todi e quelli di Amelia, per stipulare gli accordi tra le due città.
In questa occasione Uffreduccio di Canale era uno dei rappresentanti della città tuderte nel prescrivere ad Amelia il pegno di vassallaggio (un cero annuo di quindici libre da offrire a Todi per la festa di San Fortunato).
Uffreduccio di Canale divenne poi potestà di Viterbo.
Nel 1237 Canale, Lacoscello, Santa Maria delle Castella e altre località dell’Amerino, subirono gravi devastazioni da Todi. Papa Gregorio IX, con Breve del 2 Giugno 1238, rivolse un severo monitorio ai Tudertini rimproverandoli per aver distrutto diversi paesi in diocesi di Todi e in diocesi di Amelia.
Nel sec. XIII, in territorio di Canale vi erano le chiese di Santa Agata, Santa Barbara e San Giovanni.
Negli anni 1275-1279 vennero pagate le decime per Sant’ Agata dal presbitero Gentile di Uffreduccio (sette volte), per Santa Barbara dal presbitero Ionta (una volta), e per San Giovanni (tre volte).
Nel 1297 furono pagate le decime per Santa Barbara di Canale e per San Giovanni di Canale (da Rationes decimarum Italiae — Umbria, Diocesi di Amelia, C. d. V. Roma, 1952).
Ildebrandino Annibaldi (1316) fece testamento e lasciò la metà dei castelli Lacoscello e Canale “in legato” alla Chiesa. L’altra metà, di proprietà dei discendenti degli Annibaldi, venne acquistata dai Chiaravallesi di Todi.
Tra Chiesa e Chiaravallesi si aprì un contenzioso di non facile soluzione e di lunga durata.
Nel 1356 (27 Marzo) il Papa scrisse al Legato Pontificio e al Governatore del Patrimonio di San Pietro con l’ordine di occupare il castello di Canale, usurpato dai Chiaravallesi.
Il Cardinale Albornoz, venuto in Italia (1453) con l’incarico di riportare obbedienza nello Stato Pontificio e, stabilitosi a Montefiascone, per guidare le operazioni di riconquista, qualche tempo dopo (1361) si rivolse con le armi contro i Chiaravallesi e il Castello di Canale venne diroccato e incluso tra i possedimenti del patrimonio di San Pietro.
Nel 1363 venne anche nominato un castellano e la rocca, già semidistrutta, venne riedificata. I Chiaravallesi ne tornarono in possesso nel 1377 e ne fecero un fortilizio quasi inespugnabile.
Da allora i Chiaravallesi fecero vari tentativi per ingrandire i loro possedimenti verso Amelia e verso Todi. Gli amerini risposero con la decisione di fortificare Collicello per fronteggiarli apertamente; i Tudertini li respinsero ripetutamente attraverso la rivale famiglia degli Atti. Nel 1423 il castello di Canale venne in possesso di Braccio Fortebraccio da Montone, il quale lo donò successivamente a Nicolò Piccinino, marito di sua nipote.
Nel 1425 ” Papa Martino V, per mezzo di Gabriele di Pisa, avverte gli Amerini che il castello di Canale, già dei Chiaravallesi, deve tornare in possesso del Patrimonio, dopo averlo acqui-stato dal Piccinino, ed Amelia deve presidiarne la rocca per due mesi ” (Cansacchi – Cronistoria amerina).
Nel 1428 ” Martino V concede al principe Antonio Colonna il castello di Canale e sue adiacenze, dando luogo a continue divergenze con i castellani di Colcello e di Frattuccia che procurano danni alla tenuta ” (Cansacchi – Cronistoria amerina).
Il castello di Canale, qualche anno dopo, venne di nuovo in possesso dei Chiaravallesi e fu restaurato. Nel 1449 i Chiaravallesi, dopo aver molestato a lungo Tudertini e Amerini, si videro accerchiati, perciò stipularono un’alleanza con Terni. Il 25 Luglio del 1451 scoppiò una sommossa in Amelia sobillata dai Chiaravallesi di Canale. La ribellione produsse spargimento di sangue e lacerazioni.
Negli anni successivi si susseguirono vari tentativi per sottomettere i paesi intorno a Canale e avvennero diverse incursioni, in cui si verificarono incendi, rapine e depredazioni Al Castello di Canale divenne covo dei Ghibellini e dei fuoriusciti di altre città. Nei Chiaravallesi si faceva strada, ogni giorno di più, l’idea di formare uno Stato per la propria famiglia.
In data 11 Ottobre 1458 il Consiglio Generale di Todi commise al Consiglio Segreto di procedere contro i ribelli che fanno guerra agli Amerini e dà facoltà di spendere denaro e sangue, figli e fortuna per distruggere i Chiaravallesi.
Nel 1461 Matteo di Chiaravalle, dopo un primo assalto al castello di Collicello, occupò il castello di Sismano, recuperato poi dai Tudertini. Matteo di Chiaravalle si salvò perché il Comune di Narni, con sicurtà, ottenne che il chiaravallese non fosse giustiziato.
L’11 Settembre del 1461 Matteo di Chiaravalle e le sue truppe, approfittando del fatto che gli abitanti di Collicello si erano recati alla fiera di Amelia, attaccarono il vicino castello, demolirono gran parte delle mura di cinta, fino alla torre grande, uccisero molte persone e bruciarono le case all’interno del paese. Quando gli Amerini vennero a conoscenza di questa ennesima prepotenza, decisero di armarsi e di procedere contro i Chiaravallesi uccidendone gran numero.
Avvisato di quanto era successo, Papa Pio ll, stufo delle prepotenze della famiglia dei Chiaravallesi, con un Breve del 14 Aprile 1462 esortò gli Amerini, i Tudertini e Iacopo degli Atti alla distruzione di Canale, mandò in aiuto Raffaele Caymo, suo scudiero e generale dell’esercito pontificio.
I Chiaravallesi (Matteo, Guglielmo e Piergiovanni), inferiori di numero, scesero a patti, rinunciarono a Canale, Lacoscello e ricevettero, come indennizzo, due castelli nella Diocesi di Sora e altre proprietà (tra cui due molini) nella zona di Civitacastellana, e l’immunità da ogni sorta di dazio.
I possedimenti dei Chiaravallesi, dopo lunga lite, furono divisi dal giudice Mauroceno tra Amelia e Todi: agli Amerini andò Lacoscello e il territorio circostante, ai Tudertini Canale e territorio limitrofo. I Chiaravallesi, in territorio di Todi, erano riusciti a mantenere vasti possedimenti a Castel dell’Aquila e, nel 1467, acquistarono Torre di Lamberto, sempre in territorio di Castel dell’Aquila.
Nel 1464 Papa Pio II ordinò ad Angelo Piccolomini, governatore e castellano della Rocca di Narni, di scaricare i castelli di Canale e Lacoscello. In questa circostanza i Chiaravallesi furono umiliati e privati delle fortificazioni di Canale e Lacoscello ma rimase in loro la forte ambizione di diventare Signori di qualche territorio importante.
Dopo un po’ di tempo, i Chiaravallesi ripresero le incursioni, con accanimento anche maggiore, nei confronti di alcuni castelli a sud di Todi e con il preciso intento di ritornare in città come dominatori. Vittorio, Altobello, Piergiovanni e Girolamo Chiaravalle tentarono di assalire la loro città nel 1474 ma furono respinti, tuttavia non si poté impedire che vi fossero uccisioni e incendi.
Per rappresaglia nei confronti degli Atti fecero avvelenare (1480), a Roma, Giacomo Atti e disturbarono altri membri della potente famiglia Tuderte. Allora il Municipio di Todi, stanco di tante lotte fratricide, decise che “non si potesse nominare né la parte dei Chiaravallesi né la parte degli Atti, sotto pena del taglio della lingua o della corda o di due ducati”.
I Chiaravallesi, non potendo raggiungere Todi, occuparono i castelli di Collevalenza e Rosceto e, quivi fortificati, ne uscivano per razziare e danneggiare i luoghi vicini fino alle mura di Todi.
Nel 1494 scese in Italia Carlo VIII re di Francia e si fermò per alcuni mesi con tremila soldati nelle campagne di Santa Restituta in località Le Puzzole. I Chiaravallesi (e l’intera fazione dei Ghibellini) ripresero allora vigore e riuscirono a tornare, da vincitori, a Todi e fecero impiccare venti appartenenti alla famiglia e alla fazione degli Atti, danneggiando anche altri paesi tra cui Avigliano, Melezzole e Guardea.
Nel 1496 Giovanni Salvato degli Atti, valoroso capitano, nonostante i danni subiti dai suoi, riconciliò i Chiaravallesi con Todi, ma la pace fu di breve durata.
Gli Amerini, nel 1497, chiesero aiuto ad Altobello di Chiaravalle per combattere gli Ortani. Costui riuscì a superare facilmente i nemici e divenne aggregato, in perpetuo, della cittadinanza amerina. Addirittura nel 1498 gli Amerini restituirono ad Altobello le chiavi e i possedimenti di Canale.
Negli ultimi anni del XV sec., i Chiaravallesi scelsero il territorio ad est dei Monti Amerini come base per le loro audaci imprese e le popolazioni di questo territorio parteggiavano, in gran parte, per loro.
Altobello, il più audace e feroce dei Chiaravallesi, fece intensi e accurati preparativi (militari e diplomatici) per sferrare l’attacco definitivo alla città di Todi: in conseguenza di ciò i maggiori capitani di ventura dell’epoca, di parte guelfa, si coalizzarono contro Altobello di Chiaravalle.
Nel 1499 le milizie di Altobello vennero cacciate da Castel dell’Aquila ad opera di Giovanni Cervellone. Subito dopo si fronteggiarono due schieramenti: da una parte le truppe guelfe con il Cardinale Burgense, Legato Pontificio, e ad esse si collegarono le truppe degli Orsini, dei Vitelli, (Città di Catello), dei Baglioni (Perugia), dell’Abate Bernardino di Alviano, di Ludovico degli Atti (Todi), di Lucrezia Borgia, allora governatrice di Spoleto.
Con Altobello si schierarono i Colonna e i Savelli, che resistettero brevemente in campo aperto, ma poi decisero di rifugiarsi nel castello di Acquasparta, dove, il 16 Agosto, dopo dieci ore di feroce battaglia, furono sconfitti. Altobello di Chiaravalle fu preso, legato, portato in piazza e dato in pasto alla plebaglia che per vendetta si avventò sul corpo dello sventurato “et fu tagliato ad pezzo che ne fu facto mille pezzi del corpo suo et chi dato ad mangiare alli cani et alcuni buctavano li pezzi della carne su nel foco et si per grande odio et vituperio la mangiaro” (Cronaca di Ser Tommaso di Silvestro di Orvieto, contemporaneo dei fatti narrati).
 

Fonti documentative

Testi del prof. Giuseppe Maccaglia pubblicati nel calendario 2008 a cura del Circolo Culturale ” Don Vincenzo Luchetti ” Castel dell’Aquila
 

Da vedere nella zona

Castello di Collicello
Chiesa di Santa Maria delle Grazie – Collicello
Grotta di San Francesco
Ruderi del Monastero Francescano
Castel dell’Aquila
Castello di Frattuccia
Chiesa di Santa Maria in Canale
 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>