Chiesa di San Giuseppe – Assisi (PG)

Nel 1399 la chiesa di San Giuseppe del monastero benedettino femminile di Sant’Apollinare fu interessata dal Movimento processionale dei Bianchi, per approfondimenti consultare l’articolo riferito alla Chiesa della Madonna dell’ulivo.

 

Cenni Storici

Nel settembre 1229 Gregorio IX concedeva il privilegio dell’esenzione dalla giurisdizione episcopale al monastero di Sant’Apollinare in Flan nel contado di Assisi.
La comunità monastica esisteva da qualche tempo, compare la prima volta in una bolla di Innocenzo III del 1198, ed aveva stanza non lontano dal fiume Chiascio nella balia di Bastia Umbra.
Nel 1264 le religiose acquistarono alcune case entro le mura di Assisi, di proprietà della famiglia Offreducci, ubicate in porta Moiano nella parrocchia di Santa Maria Maggiore; ma soltanto nel 1286, vinta l’opposizione delle clarisse dimoranti nella vicina Santa Chiara, ottennero l’autorizzazione a trasferirsi entro le mura urbiche ed a costruirvi un monastero, già esistente nel 1291.
Nell’aprile 1334 il vescovo Guglielmo d’Antivari concesse ad Avignone una solenne indulgenza a chi avesse visitato il monastero in determinate festività dell’anno liturgico, ed ai benefattori disposti a soccorrere le suore “ad fabricam, luminaria, seu ornamenta dicti monasteri”.
Intorno alla metà del ‘400 la comunità venne unita al confinante monastero di S. Paolo; ne seguì il declassamento della chiesa di Sant’Apollinare e la sua trasformazione in parlatorio delle monache, già deprecata dal visitatore apostolico Camaiani nel 1573, con gravi danni alla decorazione pittorica.
Successivamente, la navata venne voltata, con la parziale copertura di alcuni affreschi; mentre il coro fu ribassato da una soffittatura a travi, incastrati nelle stesse storie dipinte, e diviso tramite fondelli in ambienti di servizio, e le pareti intonacate.
Nel 1859 A. Cristofani ne denunciava lo stato di abbandono; “Nel parlatorio delle Reverende Madri Benedettine di S. Paolo Apostolo, si scorgono rivelar nella destra parete alcune aureole, indizio certo di affreschi coperti col bianco di calce.
Deh perché si indugia ancora d’emendare un fallo commesso dalla stolida ignoranza di chi volontariamente spogliavasi forse d’un insigne monumento d’Arte Cristiana?
Ella sarebbe pur cosa di niuno spendio, e che potrebbe tornare a vita cose di pregio inestimabile
”.
In seguito all’editto Pepoli sulla soppressione degli enti ecclesiastici, il Monastero di S. Apollinare e l’annessa chiesa vennero demaniati nell’aprile 1874.
Nel 1896 fu riacquistato per una comunità di religiose.
Nel novembre 1911 la madre superiora del monastero di San Giuseppe, dovendo demolire un fondello all’interno della primitiva chiesa di S. Apollinare, chiese alla Regia Soprintendenza l’autorizzazione a procedere allo stacco di alcuni affreschi raffiguranti l’Annunciazione, la Crocifissione, Sant’Apollinare e San Michele Arcangelo, allora scoperti dal restauratore Domenico Brizi.
L’ispettore U. Gnoli, dopo aver visti i dipinti, li giudicò di grande interesse, di uno dei migliori seguaci di Giotto, proponendone l’acquisto per la locale pinacoteca.
Le trattative andarono avanti per alcuni anni, ma fortunatamente non sortirono nel distacco degli affreschi.
Le due storie attribuite a Puccio Capanna sono affrescate dietro il tramezzo che separa la navata dal coro monastico, immediatamente sopra la grata attraverso la quale le religiose assistevano all’ufficio divino.
Sulla sinistra è la scena dell’Annunciazione alla Vergine da parte di un angelo, al centro la Crocifissione; entrambi i dipinti sono stati danneggiati dalla messa in opera delle travi lignee, con estese cadute dell’intonachino, e la perdita della metà superiore delle storie.
Le Stimmate di San Francesco sul lato destro della parete sono attribuite a Pace di Bartolo, il Pace da Faenza ricordato da Vasari nella vita di Giotto.
L’unanime accordo sul nome di Puccio Capanna non ha impedito lo sviluppo di contrastanti opinioni sulla posizione degli affreschi di Sant’Apollinare nel percorso dell’artista.
Così M. Boskovits (1981) li colloca agli inizi dell’attività del pittore, assieme alla cantoria di San Francesco.
Per F. Todini e B. Zanardi (1980) sono di un momento posteriore, quando le radici umbre di Puccio prenderanno il sopravvento sulla formazione entro la bottega di Giotto.
E. Lunghi (1986) pensa ad una data prossima al 1334; mentre per C. Volpe (1983) sono del 1340 circa.
 

Movimento dei Bianchi e affresco della “Madonna dell’ulivo”

La fama del miracolo dell’apparizione della “Madonna dell’olivo” corse velocemente fuori di Assisi.
Nella città l’avvenimento destò grande ammirazione e devozione, come è dimostrato da un affresco del tempo, che si vede nella vecchia chiesa di San Giuseppe del monastero di Sant’Apollinare.
L’affresco è posizionato a destra della porta ed è il primo che si incontra nella parete.
I suoi caratteri ricordano l’arte di Ottaviano Nelli, il quale già nel 1400 dipingeva in Perugia.
A questo autore si attribuisce la Vergine con il Figlio, raffigurata a sinistra dell’atrio della Basilica Inferiore di San Francesco.
Non v’è dubbio, in ogni modo, che l’affresco sia coevo al miracolo; vi sì scorge la Madonna, tutta vestita di bianco, a fianco d’un albero d’olivo, rivolgersi a un bambino, scalzo e poveramente vestito, il quale l’ascolta con raccoglimento.
Si tratta indubbiamente della “Madonna dell’oliva”.
Ciò che toglie ogni dubbio è quel particolare riferito nella lauda, che il vestito candido di Maria era ornato di ostie.
Queste ostie si scorgono sulla parte inferiore del vestito, e sulla manica destra.
Come mai fu scelta la chiesa di Sant’Apollinare per questa raffigurazione?
Forse si tratta del voto di un pio oblato, il quale partecipò anche egli al movimento dei Bianchi.
Si sa che in questo monastero vi era una regola per gli oblati che ad esso si aggregavano.
Uno di questi, Ercolano di Baldolo, nel 1406 (e cioè appena sette anni dopo il miracolo), offri sé stesso e i suoi beni al monastero, promettendo di osservare la regola dei suoi oblati.
Si potrebbe anche pensate che la Compagnia dei Bianchi avesse in questa chiesa il suo altare e la sua cappella.
 

La chiesa oggi

La chiesa, e parte del monastero, oggi è adibita a foresteria dedito all’accoglienza per gruppi giovanili e per i nuclei familiari.
 

Fonti documentative

Arnaldo Fortini – Atti dell’Accademia Properziana del Subasio – Serie V° N 3 Pasqua 1956

http://www.msgiuseppe.it/

 

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