Chiesa di Santa Croce – Leonessa (RI)


Si ringrazia il priore della Confraternita, Mario Coderoni, che, in via del tutto eccezionale, ha consentito di effettuare alcuni scatti all’interno dell’interessante monumento.
 

Cenni Storici

Si trova al di sotto della chiesa di San Francesco, pertanto è antecedente al 1285, data di edificazione di quest’ultima.
Una Confraternita era esistente già nel 1363, adiacente alla Chiesa vi era l’oratorio ove si svolgevano tutti qui riti propri della stessa confraternita quali l’ascolto della Parola, la Flagellazione e l’adorazione del Crocifisso.
La Confraternita prese nuovo vigore nel 1399 con il passaggio dei Bianchi a Leonessa, diretti a l’Aquila e poi a Roma per il Giubileo del 1400.
Probabilmente in tale occasione decise di fondersi con la “Compagnia di San Matteo“, proveniente dalla piccola Chiesa di San Matteo nel Rione “La Ripa“, dando così origine alla Confraternita della Santa Croce, che qui ebbe sede dal 1400 e fino al 1532, anno in cui la Confraternita si trasferì nella sovrastante chiesa di San Francesco.
Lo stemma della confraternita era formato da una croce rossa su tre monti con i chiodi e i flagelli appesi sull’asse trasversale.
Nel 1469 i francescani conventuali fondarono il primo Monte di Pietà e la Confraternita ne prese parte attiva nella gestione.
Sempre ad opera dei conventuali francescani, dopo il 1500 fu fondato un Monte Frumentario, affidato sempre alla Confraternita di Santa Croce e rimasto attivo fino alla seconda metà del secolo XIX.
Con il passare degli anni la Confraternita di Santa Croce si era ingrandita a dismisura, ad essa si iscrissero tutte le famiglie nobili o benestanti: la modesta ampiezza della chiesa e dell’oratorio, infatti, ben presto si dimostrarono inadeguati a contenere un gran numero di confratelli, così, nel 1501, fu costruito un nuovo oratorio a fianco della Cappella del Presepio nella Chiesa di San Francesco, e utilizzata la Cappella stessa quale chiesa della Confraternita.
La chiesa di Santa Croce e il vecchio Oratorio furono poi gradualmente destinati ad altri scopi, una parte fu adibita a Granaio deposito del Monte Frumentario e gran parte fu utilizzata per le sepolture fino all’editto di Saint Cloud (Décret Impérial sur les Sépoltures), emanato da Napoleone Bonaparte il 12 giugno del 1804,con cui era stabilito che le tombe fossero poste al di fuori delle mura cittadine, in luoghi soleggiati e arieggiati, e che fossero tutte uguali, ad evitare discriminazioni tra i morti.
La chiesa – oratorio di Santa Croce fu in seguito gradualmente dismessa, in parte murata, mentre i locali adiacenti, già adibiti a monte frumentario, ebbero nel corso del tempo vari usi: ai primi del Novecento ospitarono un artigiano ramaio e in seguito perfino delle galline.
Nel secolo scorso da una finestra, praticata per favorire un nuovo utilizzo, si intravidero gli antichi affreschi. Il recupero dell’antico edificio è già stato in parte effettuato a cura della Confraternita di Santa Croce, e grazie alla generosità della famiglia Ettorre Domenico di Leonessa: un lavoro complesso costato, nel 1995, oltre 100 milioni di vecchie lire e che ha permesso anche il restauro dei pregevoli affreschi.
Il proseguimento dell’opera di recupero potrebbe portare a delle scoperte di notevole interesse artistico e storico: nell’ambito di un progetto, già approvato dal ministero dei beni culturali, mirante alla sistemazione della sovrastante chiesa di San Francesco è previsto anche di riportare alla luce un’ulteriore parte della chiesa di Santa Croce.
 

Un contributo per salvare la chiesa

La Confraternita di Santa Croce ha, allo scopo, lanciato l’iniziativa “Un mattone per San Francesco” al fine di reperire i fondi necessari, pari a 240.000 euro.
Chi vuole contribuire all’iniziativa può fare un versamento – importo minimo 2 euro sul conto corrente postale numero 83960369 intestato a “Confraternita di SantaCroce“, causale “Un mattone per San Francesco” o fare il versamento direttamente in chiesa.
Altra maniera di contribuire è visitare la pregevole chiesa, con un importo di soli tre euro si può dare un piccolo contributo al restauro e ammirare un’opera d’arte unica.
 

Descrizione

Si accede alla chiesa da una rampa che scende dalla Piazzetta di Santa Croce.
La parte riportata alla luce è composta da sei ambienti: i primi tre, non affrescati, sono stati aggiunti durante il ‘500 ed adibiti a granaio del Monte Frumentario.
La parte ad oggi visibile della Chiesa di Santa Croce si trova nel quarto dei sei ambienti, dalla caratteristica volta a crociera costolonata in pietra sponga, con le pareti e la volta interamente affrescate con motivi floreali e figure di Santi, riportati in luce rimovendo la coltre di fuliggine che vi si era formata sopra, in quanto il locale era stato usato dai calderai.
La parete est nella quale è posto l’ingresso all’ambiente è leggermente curva: è ciò che resta dell’abside della chiesa originaria del XIII secolo.
Di quest’antica abside sono ancora oggi visibili le due aperture a monofora che guardavano verso il fiume Tascino, ai lati di un oculo sotto la monofora di destra vi è il tabernacolo; nel pavimento al centro dell’abside è stata ritrovata una pietra che forse costituiva la base dell’altare.
Il resto della chiesa, attualmente non visibile, potrebbe ancora ritrovarsi sotto la Chiesa di San Francesco.
L’ambiente presenta il caratteristico orientamento Est-Ovest con l’abside e l’altare esposti tradizionalmente sul lato Est.
La decorazione dell’abside è a soggetto floreale blu su fondo chiaro con due tondi, uno con un viso maschile e l’altro con un viso femminile, di mano raffinata.
Alla sinistra dell’abside si apre una nicchia, scoperta durante il restauro, decorata con un’Annunciazione di fattura molto ingenua, con una prospettiva maldestra, eseguita da un pittore locale tra la fine del ‘400 e l’inizio del ‘500.
La decorazione dei costoloni della volta è realizzata con disegni floreali e geometrici che in origine dovevano essere vivacemente colorati.
Nelle vele sono visibili i Quattro Evangelisti: San Matteo con l’Angelo, San Giovanni con l’aquila, San Marco e San Luca poco riconoscibili.
Nell’arco che divide questo ambiente dal successivo vi sono degli affreschi monocromi, raffiguranti tre Confratelli, vestiti interamente di bianco con il volto coperto da un cappuccio ed il flagello in mano inginocchiati, nell’atto della autoflagellazione, accanto ad una croce rossa con chiodi e flagelli, simboli della Passione, stemma della Confraternita di Santa Croce.
Un penitente reca in mano l’incipit della lauda “Misericordia Virgo Pia“, molto diffusa tra i Bianchi dell’Umbria.
L’affresco è monocromo: le figure delimitate unicamente da linee rosse in parte sono inginocchiate, in parte leggono ed in parte si flagellano sulla schiena.
La parte superiore degli affreschi che originariamente decoravano le volte a botte del quinto e del sesto ambiente sono andate perdute con la costruzione tardo-quattrocentesca del pavimento della Cappella del Presepio.
Nel secondo ambiente, sulla sinistra, si trova un giovane santo nella veste francescana, al di sopra una Madonna con il Bambino sotto il baldacchino.
Più avanti un balestriere, pittura monocroma, nell’atto di lanciare una freccia.
Nella parete si apre una monofora che si affacciava verso la valle nelle cui strombature sono raffigurate due Sante di cui una è Santa Chiara; sull’arco intradossale è rappresentata ancora la Santa Croce.
Di seguito San Tommaso e un Santo Vescovo con un calice in mano; Santa Giuliana, Santa Barbara, Sant’Antonio Abate.
Sulla destra dell’ambiente affreschi con parti di figure di Santi non identificabili.
Le decorazioni a stampino degli abiti dei Santi e le aureole con piccoli solchi incisi sono tecniche usate in Umbria all’inizio del ‘400.
Nel sesto e ultimo ambiente si trova uno straordinario ciclo d’affreschi del XV secolo.
Sulla parete di sinistra è raffigurato l’Inferno, con tratti che rimandano alla giottesca Cappella degli Scrovegni di Padova.
Nella scena uomini e donne nudi subiscono le pene relative ai loro peccati terreni.
Ogni peccato è singolarmente descritto con un cartiglio.
La scena è inoltre affollata da diavoli, serpenti e dragoni.
La rappresentazione dell’Inferno, tema ricorrente nella letteratura e nell’arte pittorica dell’epoca, è di chiara ispirazione dantesca e, nell’insieme, offre un effetto di grande suggestione.
Tra le varie figure dei dannati colpisce, per il valore dell’insegnamento etico e civico che vuole trasmettere, la pena dello spiedo inferta “allo traditore de lo Comune“, come si legge dal cartiglio posto sopra il dannato.
All’inizio della parete Sud è rappresentato il Miracolo dell’apparizione della Madonna dell’ulivo ad un contadinello, avvenuto ad Assisi durante il passaggio e la diffusione del movimento penitenziale dei Bianchi.
Tra il settembre e l’ottobre del 1399 la Vergine apparve ad un fanciullo che si trovava in un uliveto presso Assisi, insieme al padre intento a tagliare una siepe.
La Madonna si rese visibile solo al fanciullo e gli rivelò che i nove giorni di devozione attuati dagli Assisiati in seguito all’arrivo delle compagnie dei Bianchi in città non erano sufficienti a placare la collera divina causata dalla gravità dei loro peccati, per cui si rendeva necessario ripetere la penitenza per altri sei giorni.
L’episodio è noto dalle Laude XXIX nel ms. 4061 della Biblioteca Casanatense, un laudario proveniente da una confraternita di Assisi, nonché da una cronaca coeva di Città di Castello.
Nel grande affresco la Vergine è raffigurata con il manto bianco sul quale sono effigiate delle ostie e delle croci rosse, simbolo della devozione dei Bianchi.
La Madonna è rappresentata nell’atto di parlare al giovinetto inginocchiato, il quale ascolta il messaggio racchiuso in una didascalia, posta tra i due personaggi, che recita:
VANE TOSTO E NO TARDARE ALLA CITADE ANUNTIARE TOSTO DEBANO RIPIGIARE L’ABITO CHE AO LASSATO.
(La Madonna ingiunge al ragazzo di riferire con urgenza agli assisiati di riindossare l’abito che avevano lasciato).
Accanto all’affresco della Madonna dell’ulivo si trovano rappresentate, su due registri, undici scene della Passione e la Resurrezione di Cristo, dall’alto, a sinistra: l’Ultima cena, la Preghiera nell’orto, la Cattura di Cristo e il Bacio di Giuda, la Presentazione a Caifa, la Flagellazione, la Derisione.
Nel registro inferiore: la Crocifissione, la Deposizione, la Sepoltura, la Resurrezione ed il “noli me tangere“.
Le scene del registro superiore sono in parte andate perdute per la costruzione del pavimento della cappella del presepe nella soprastante chiesa di San Francesco; mentre quelle del registro inferiore sono ben conservate e sono improntate ad un crudo realismo, rinvenibile nei volti deformati dal dolore e nei copiosi effluvi di sangue che sgorgano dal corpo di Gesù, questi affreschi dovevano, infatti, svolgere una funzione pedagogica nei riguardi dei disciplinanti della Confraternita di Santa Croce, che in questo ambiente si ritiravano per pregare e purificarsi, come si può desumere dalle tracce di fumo lasciate dalle candele collocate su un altarino situato proprio sotto la scena della Crocifissione.
Forse queste opere sono da attribuire a Jacopo da Leonessa.
Di più pregevole fattura sono gli affreschi della parete Ovest raffiguranti il Paradiso.
In questi dipinti sono rappresentati diversi personaggi, tra cui una clarissa, probabilmente Santa Chiara,che guarda verso il pubblico, San Francesco, San Domenico e Sant’Agostino.
Accanto a questi Santi si trovano tre personaggi coronati d’alloro che potrebbero essere identificati con Dante, Petrarca e Boccaccio.
Tutti sono volti verso la scena successiva, raffigurante la Città Celeste,nella quale si vedono due figure che guardano dalle due monofore di una torre, angeli musicanti e, in basso un angelo che accoglie sulla porta aurea un’anima.
Gli affreschi del Paradiso e dell’Inferno sono stati attribuiti dalla Dottoressa Elisabeth Bliersbach, l’esperta che ne ha curato il restauro, al Maestro della Dormitio Virginis di Terni.
 

Fonti documentative

NICOLI L.Leonessa, la città di San GiuseppeEd. “Leonessa e il suo Santo” 2006

http://www.leonessa.org/confraternite/santacroce/Documenti/chiesa_inferiore.htm

http://www.leonessa.org/confraternite/santacroce/Documenti/chi_siamo.htm

 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

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