Eremo di Santa Maria Giacobbe – Pale di Foligno (PG)

E’ uno degli eremi più belli del Folignate e fra i più suggestivi dell’Umbria, anche per la sua posizione caratteristica e soprattutto visibile dalla provinciale per le Marche

Cenni Storici

La piccola chiesa dell’eremo di S. Maria Giacobbe è posta a ridosso del massiccio di Pale, ricavata in un anfratto naturale.
Vi si giunge attraverso un sentiero, che partendo dall’abitato omonimo, si inerpica sulla roccia del monte. Le testimonianze documentarie fanno risalire il Santuario alla fine del 1200, ma alcuni elementi architettonici, fanno supporre che esso sia stato eretto su di un preesistente insediamento pagano.
Si sono anche fatte ipotesi su antiche presenze di monaci orientali che abitarono nella parte rupestre dell’eremo. La chiesa appartiene verosimilmente al periodo di influenza dei monaci di Sassovivo, che nella valle del Menotre ebbero molti possedimenti ed edificarono diversi castelli.
Al XVI secolo appartengono i corpi di fabbrica più recenti, annessi lateralmente alla chiesa.
Il mito di fondazione vuole che in una grotta del Sasso di Pale si sia rifugiata a fare penitenza S. Maria Giacobbe, da cui poi la costruzione del. santuario.
“Maria de Iacoba” è la madre di Giacomo che dopo aver assistito alla Crocefissione, insieme a Maria di Magdala ( la prostituta Maddalena), che per l’appunto viene raffigurata con i capelli sciolti sulle spalle e a Salomè, la mattina del sabato riceveranno l’annuncio della Resurrezione presso il Sepolcro dove si erano recate con il vaso degli aromi.
Il popolo ha sempre fatto una grande confusione tra le “tre Marie”.
In realtà è la Maddalena che visse per lunghi anni solitaria in una caverna.
Il culto di S. Maria Giacobbe si diffuse nel secolo XIII, forse portato da monaci orientali che percorrevano le strade dell’Italia Centrale.
Esso per la prima volta è attestato a Veroli, nel Lazio, dove su un anfratto della montagna furono trovati, in un’urna, i resti mortali
Ma al di là dei miti, le origini di questo luogo di pace sono avvolte nelle tenebre.
Dopo il XIII secolo le memorie rimaste sono molto scarse. Si sa per certo che nel 1426 era custode Lorenzo di Antonio, dopodiché nel 1479 si hanno notizie di un rettore, certo Nicola Gasparri di Angelo e successivamente di Tommaso Orfini (1535), che in seguito divenne priore della cattedrale e vescovo di Foligno.
Nel 1547, vi dimorò un eremita di nome Aurelio da Foligno, al quale seguirono fra’ Giacomo Fideli da Torricchie di Camerino (1614) e fra’ Nicola Polacco (o di Polonia), presumibilmente proveniente dal paese omonimo (1677).
 

Interno

Entrando nella chiesa, ci troviamo di fronte ad un vano rettangolare delle dimensioni di 9 metri per 3,50 con soffitto a volta acuta poggiante all’estremo su di un arco di pietra. Il resto del soffitto è formato dallo stesso masso della montagna ed è proprio sopra l’altare che il masso si curva e repentinamente giunge a terra.
Nella volta, la figura che vi domina è quella del Cristo benedicente, un affresco attribuito a un maestro di scuola senese della prima metà del trecento.
Alla destra dell’ingresso troviamo un altro affresco che riproduce la scena della nascita di Gesù da attribuire ad un artista sicuramente posteriore al 1300, ispirato al paesaggio locale.
Sulla stessa parete, le figure di S. Antonio Abate con mitra e pastorale e un Cristo risorto che sorregge con la mano sinistra un gonfalone, verosimilmente fatti eseguire dall’eremita fra Aurelio durante la sua permanenza all’eremo, in quanto sotto le due figure è ancora leggibile questa scritta. “Hoc op. f.f. Frate Aurelius Heremita de Fulgineo 1547. Nella parete opposta alla natività, si presentano le scene della morte e dell’incoronazione della Madonna, sulla sinistra della quale si assiepano gli apostoli in atteggiamento dolente ed in mezzo ad essi si evidenzia S. Pietro nell’atto di aspergere il cadavere di Maria.
L’affresco viene attribuito al pittore Cola di Petrucciolo da Orvieto, seguace di Giotto e molto apprezzato nella zona.
Immediatamente sotto, è posto l’affresco più misterioso del Santuario, “Il Volto Santo di Lucca”, un Cristo a braccia aperte eseguito sicuramente prima del 1392. Sempre sulla stessa parete, entro una mandorla troviamo una Madonna in trono con Bambino che impone sul capo di Lei una corona d’oro.
Dalla mandorla sorretta da due angeli pende una fune che scende sul capo degli apostoli.
È la Sacra cintura della Vergine, che secondo una leggenda la Madonna avrebbe lasciato cadere durante la sua assunzione in cielo per ricordo ai discepoli di Gesù. Sulla parete di fondo dell’altare, eretta all’inizio del XVI secolo per chiudere la grotta dell’abside, troviamo degli affreschi dei primi del XVII secolo che rappresentano da destra verso sinistra, S. Messalina prima martire di Foligno, S. Antonio da Padova, S. Maria Maddalena e S. Carlo Borromeo. Nel pertugio centrale, dietro l’altare sulla roccia del monte, tre figure risalenti al 1200 – 1300 rappresentano S. Maria Giacobbe, S. Luca e la Madonna in trono.
Sulla parete d’ingresso in un breve spazio tra la porta e la parete sinistra, possiamo ammirare, in alto un S. Cristoforo con in spalla il Bambino Gesù sotto al quale si trovano tre figure, Santa Agata patrona delle lattanti, che sorregge tra le mani un cero acceso, S. Sebastiano trafitto dalle frecce e S. Maria Giacobbe.
Tutti e tre gli affreschi sono attribuibili ad artisti di scuola folignate del primo cinquecento. Sull’apertura dietro l’altare attraverso la quale si scorge l’immagine della Santa titolare, prima del restauro antecedente il terremoto del 1997, era posta una pala raffigurante S. Maria Giacobbe, datata 1507 e firmata da Lattanzio, figlio di Nicolò di Liberatore detto l’Alunno.
La tela delle dimensioni di metri 1,27 x 0,80, è certamente il monumento pittorico di maggior valore dell’eremo. Essa rappresenta la figura abbastanza slanciata di una donna, che indossa un’ampia tunica azzurra e un manto giallo. Con la mano destra sorregge di-nanzi al petto il vaso degli unguenti. In fondo alla tela si scorge un cartiglio con su scritto “Yhs quatro fatto fare per gratia riceuta da questa gloriosa Sancta io Lattanzio o fatta questa figura 1507“. Attualmente il dipinto per ragioni di sicurezza si trova nella pinacoteca diocesana di Foligno, come del resto la pregevole statua lignea policroma con bellissime decorazioni, raffigurante la Madonna seduta con il Bambino sulle ginocchia, databile fine 1200 inizi 1300.
A tal proposito è bene ricordare che applicati al piccolo trono su cui siede la Vergine, vi erano due bellissimi battenti in legno finemente istoriati con scene dei principali episodi della vita di Gesù, purtroppo trafugati da mani ignote qualche decennio fa.
L’immagine soleva essere portata a spalla dall’eremita in pellegrinaggio nelle case dei fedeli. Varcando la piccola porta a sinistra dell’altare, si entra nell’angusto vano dell’abside.
Salendo alcuni scalini si giunge al suggestivo cortile interno dell’eremo, dove è tuttora esistente un piccolo pozzo semicircolare per la raccolta dell’acqua piovana, usata dall’eremita per usi domestici e dai fedeli per scopi terapeutici.
Poco sopra in una stanzetta è posto un tavolo con un registro messo a disposizione dei visitatori per apporre la propria firma, onde evitare l’incivile usanza di scrivere sulle pareti e sugli affreschi.
Tornando indietro, oltrepassata la porta di ingresso dell’abside, troviamo una piccola sagrestia e subito dopo la stanza degli ex – voto, alcuni dei quali di pregevole fattura sono stati trafugati nel corso degli anni.
Proseguendo si arriva alla “cucina” dell’eremita, una stanzetta di qualche metro quadrato munita di camino e di un piccolo forno, con due finestrelle ed una porta che immette su di un ballatoio attraverso il quale, scendendo una scala si giunge all’orto dell’eremo.
 

Festività di apertura

Il Santuario ancora oggi è meta assai frequentata dagli abitanti della bassa Valle del Menotre e lo si può visitare oltre che per il giorno dell’Ascensione, anche per la festa della Santa titolare, che si celebra tutti gli anni il 25 maggio.
 

Santuario Terapeutico

Il Santuario era frequentato anche per le sue prerogative terapeutiche. Vi si ricorreva, infatti, per invocare la protezione per sé e i propri congiunti, specialmente se lontani, come frequentemente e intensamente avvenne negli ultimi due conflitti mondiali, ma anche per le proprietà salutari e apotropaiche sia dell’acqua raccolta nella cisterna dell’eremo, che degli intonaci che venivano grattati e portati via (allo scopo sono state asportate anche piccole parti degli affreschi).
Nel locale annesso alla chiesa si raccolgono ancora numerosi ex voto, per grazia ricevuta, anche se i più antichi, in genere tavolette fatte dipingere, sono stati per di più trafugati
 

Le Tre Marie e il culto di Santa Maria Giacobbe sulla montagna Folignate

Per capire questa dedicazione della chiesa e come si è sviluppato il culto di Santa Maria Giacobbe, molto diffuso nella montagna folignate, occorre fare chiarezza e spiegare per sommi capi chi era questa Santa e come dalla Palestina sia arrivata a Pale tanto da lasciare l’impronta del suo piede nella roccia dell’Eremo.
Di Maria, la madre di Gesù, sappiamo che i genitori erano Anna e Gioacchino eppure, nei vangeli ufficiali, i loro nomi non compaiono mai, queste notizie le sappiamo dai Vangeli apocrifi, non ammessi dalla chiesa, il Protovangelo di Giacomo e il Vangelo dello Pseudo Matteo.
La soluzione del dilemma della parentela di Gesù Cristo venne trovata con il cosiddetto
Trinubium Annae” secondo tale versione Anna (Madre di Maria e nonna di Gesù), rimasta vedova di Gioacchino, avrebbe celebrato un secondo matrimonio andando in moglie, secondo i costumi del tempo, al fratello di Gioacchino, Cleofe o Cleopha, poi nuovamente vedova contrasse un terzo matrimonio con un secondo fratello di Gioacchino, Salome o Salomè.
Dai successivi matrimoni Anna ebbe altre due figlie femmine a cui impose lo stesso nome Maria.
La prima Maria (la Madonna) sposò Giuseppe ed ebbe un unico figlio, Gesù.
La seconda Maria (Maria Cleofe) ebbe dal suo sposo Alfeo quattro figli (Giacomo il Minore, Giuseppe il Giusto, Simone e Giuda Taddeo).
La terza Maria, (Maria Salomè o Salome) generò dal suo sposo Zebedeo due figli (Giacomo Maggiore e Giovanni Evangelista) e fu detta, in seguito, Giacobbe proprio
per aver dato i natali al suo primogenito (Maria di Giacomo = Maria Giacobbe).
Tutte seguirono Gesù con i propri figli e dopo la morte di questo, per sfuggire alle persecuzioni lasciarono la Palestina.
La tradizione racconta che Maria Salomè (Giacobbe) insieme a Maria Maddalena, e Maria di Cleopha) fuggì via mare con i futuri Santi Massimino e Lazzaro (famoso per l’episodio della resurrezione e da molti considerato fratello di Maria di Magdala) dopo la decapitazione del figlio Giacomo avvenuta nel 44 d.C. ad opera di Erode Agrippa.
Le tre Marie sbarcarono sulle coste francesi nei pressi di Marsiglia e cominciarono l’opera di evangelizzazione (E’ attestato storicamente che il cristianesimo cominciò a diffondersi in Europa proprio dalla Gallia).
Maria Maddalena tornò indietro fino a Rennes le Chateaux e diede ad una vita eremitica e visse per trent’anni in una grotta di Sainte Baume mentre Maria Salomè e Maria di Cleopha rimasero nella zona della Camargue e passarono alla storia come “Le Tre Marie“.
Una prima versione le vuole morte in quella zona infatti a Saintes-Maries-de-la-Mer ancora oggi, si festeggia Maria Jacobi il 25 maggio dove si tiene una processione in cui tutte e tre le sante vengono portate al mare, per rievocare il momento dello sbarco sulle coste camarguesi, avvenuta circa duemila anni fa; Maria Jacobi e Maria Salomè sarebbero rimaste qui dove avrebbero trovato sepoltura in una cripta e al di sopra dì essa fu eretta una chiesa a fortezza.
Una seconda versione vuole che Maria Salomè ad un certo punto decise di mettersi in viaggio a insieme a Biagio e Demetrio, lasciati i Pirenei e attraversati gli Appennini giunsero nel Lazio a Veroli (FR), i due furono martirizzati dai pagani che non tolleravano la loro opera di evangelizzazione e Maria morì poco dopo probabilmente in seguito ad un pestaggio a sangue.
La Santa fu quindi proclamata patrona di Veroli e, ancora oggi, viene festeggiata, ovviamente il 25 maggio di ogni anno.
Per arrivare nel Lazio attraversando gli Appennini deve essere per forza passata per Foligno ecco quindi spiegato il culto di Santa Maria Giacobbe nell’area folignate e soprattutto sulla sua montagna dove sono più di uno i casi di riferimento a questa Santa, questa chiesa ne è testimonianza.
A Pale poi, vicino al punto in cui ora sorge l’eremo, passava la strada principale, la via Plestina verso Roma e qui la Santa pare abbia cercato una grotta per ritirarsi e durante la salita all’eremo abbia lasciato l’impronta del suo piede.
Ma forse più delle memorie del passaggio della Santa alla diffusione del culto sulla montagna avrebbero contribuito notevolmente i monaci orientali in transito e provenienti da Pale i quali avrebbero suggerito a quegli abitanti il culto verso questa santa, ancora oggi loro patrona.
Nei secoli XIV-XV la devozione verso S. Maria Giacobbe era abbastanza diffusa nella diocesi di Foligno, tanto è che l’arte dei Funari nel proprio Statuto, redatto nel 1385, tra le feste “da essere guardate” aveva inserito “Sancta Maria de Jacoba“.
L’Eremo di Pale divenne il fulcro della devozione essendo la cerniera che legava la piana alla montagna, ma il culto si amplificò anche nei dintorni, tanto che la ritroviamo raffigurata in più chiese, nelle zone della montagna,
 

Santa Maria Giacobbe sull’Altopiano di Foligno

Le chiese ed i santuari della montagna folignate, oltre a questo, dove si venera Santa Maria Giacobbe sono:

Chiesa di San Mariano – Costa d’Arvello
Chiesa di Santa Maria Giacobbe di Arvello
Santuario della Madonna del Piano di Serravalle del Chienti
 

Da vedere nella zona

Castello di Pale
Percorso Verde dell’Altolina e le Cascate del fiume Menotre.
 

Bibliografia

Castelli del Folignate e della Valtopina di Alessandro Capodimonti edizioni Dimensione Grafica
I sentieri del Silenzio di Andrea Antinori Società Editrice Ricerche
 

Mappa

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