Pieve di Maria Assunta in Cielo – Compresseto di Gualdo Tadino (PG)

La pieve, che si trova nella frazione di Pieve di Compresseto, ha perso il suo aspetto medievale ma in compenso quel poco che resta trasmette un grande passato.

 

Cenni Storici

La chiesa parrocchiale di Pieve di Compresseto, il cui nome esatto è Parrocchiale dell’Assunzione di Maria Vergine, è molto antica, esisteva già nel 1130 ed era soggetta al Monastero Benedettino di San Donato di Pulpiano. Tre pergamene ne attestano l’esistenza: una Vescovile, una Imperiale ed una Pontificia.
Dopo un lungo periodo di silenzio se ne ha notizia il 27 marzo 1309, quando il Duca di Spoleto, a nome del Pontefice, inviò una lettera ad alcuni Rettori delle chiese circostanti il Castello di Poggio S. Ercolano e tra essi anche a Temuto, Rettore della chiesa di Pieve di Compresseto.
Una notizia successiva si ha nel 1333 ed è relativa ad un rilascio di quietanza a favore della chiesa per il pagamento della prima rata della Decima sui Benefici Ecclesiastici del Ducato di Spoleto, imposta l’anno precedente da Papa Giovanni XXII.
Da questo momento si ha un lungo periodo di silenzio interrotto da un documento del 29 giugno 1506, dal quale si apprende che Antonio di Tommaso di Mascio di Pieve di Compresseto, lasciò 1 Fiorino per far dipingere nella chiesa una Madonna con il Bambino. Una successiva notizia ci è fornita dalla Visita Apostolica del 10 novembre 1573 del Vescovo di Ascoli, mons. Pietro Camaiani, inviato dal Pontefice nella Diocesi di Nocera, in cui si dice che la parrocchia fruttava al Pievano circa 12 Salme di frumento l’anno.
Da altre Visite risulta che nel 1665 le rendite parrocchiali furono di circa 30 Mine di grano e 14 Barili di vino, mentre nel 1717 ammontarono a 40 Scudi. L’Officiatura era molto più articolata rispetto a quella delle comuni Parrocchiali, tanto da accomunare la chiesa di Pieve di Compresseto alle Collegiate e giustificare la presenza di un parroco coadiutore.
La chiesa era dotata di numerosi altari che sono variati di numero nel corso dei secoli fino ad arrivare a 4 più l’altare maggiore nel 1946.
La chiesa era in gran parte decorata con antichi e pregevoli affreschi; oggi ne rimane solo uno raffigurante S. Antonio Abate (1574). Di pregevole valore artistico vi è una croce processionale quattrocentesca in rame dorato, tutta lavorata a sbalzo e a cesello, con le figure del Crocifisso, degli Evangelisti e i simboli evangelici. L’ampliamento della chiesa avvenuto nel 1877 comportò l’abbattimento della parete posteriore dell’Abside, determinando la deplorevole distruzione di un pregevolissimo affresco di Matteo da Gualdo, datato dallo Storico E. Storelli intorno all’anno 1490. L’affresco era di grandi dimensioni e raffigurava la Madonna della Misericordia che sotto l’ampio manto, tenuto aperto da due Angeli, accoglieva due numerosi gruppi di devoti inginocchiati ed oranti: da un lato gli uomini, dall’altro le donne; altri due Angeli si libravano in volo, lateralmente al capo della Vergine. Purtroppo ci rimane solo un’ immagine fotografica, scattata da un amatore prima della distruzione.
Nel 1869 la Confraternita del Sacramento acquistò dalla Confraternita omonima di Sigillo un organo per la somma di 625 lire da pagarsi “ metà in carta monetata e l’altra in moneta metallica d’argento ”.
 

Antica Chiesa

L’antica chiesa, più piccola dell’attuale, era divisa in due navate da due pilastri centrali e quadrati, su cui poggiavano tre archi che sorreggevano il tetto. Appoggiata alla colonna vicino all’ingresso vi era una grande acquasantiera in pietra. Vi erano due porte d’ingresso: una a destra, più grande, per gli uomini ed una a sinistra, più piccola, per le donne. Sopra la porta degli uomini vi era un “occhio con tendina bianca” per illuminare l’interno, ancora oggi ben visibile, anche se chiuso. Il pavimento era in laterizio.
L’ “occhio”, o meglio il Rosone, presenta una posizione alquanto singolare, poiché non si trova al centro della facciata ma decentrato. Riteniamo che l’insolita collocazione fosse dovuta ad esigenze d’illuminazione. Infatti, se il Rosone fosse stato costruito in posizione centrale, la luce interna sarebbe risultata alquanto ridotta per la presenza delle due grosse colonne.
La facciata dell’antica chiesa medievale è ancora “ leggibile “ osservando la nuova facciata, infatti seppur murate sono perfettamente distinguibili le due porte, il rosone e persino il campanile a vela.
 

Fonte Battesimale

Fin dall’inizio la chiesa fu dotata di Fonte Battesimale, posto tra le due porte d’ingresso. Consisteva in un piedistallo e un catino in pietra che, come precisa il Pievano del tempo, non tratteneva più l’acqua, per cui all’interno si teneva un recipiente in ceramica. Era coperto da una cupola di legno marmorizzato variamente dipinto e circondato da una cancellata di legno.
 

I Sepolcri

La chiesa, come da consuetudine, era utilizzata per seppellire i morti. Nel 1690 era provvista di 10 Sepolcri posti sotto il pavimento, divenuti 12 nella seconda metà del Settecento. Vi era quello per i sacerdoti, per i bambini e per i Confratelli della Confraternita del Sacramento. Tutti gli altri erano utilizzati per gli uomini e le donne. Il numero dei Sepolcri fu successivamente ridotto e, come riporta un inventario redatto dal parroco nel 1868, ne esisteva uno riservato ai Priori, posto in “Cornu Epistolae” accanto all’Altare Maggiore; altri due “gentilizi” erano riservati alle famiglie Farabi, mentre i rimanenti erano comuni.
 

Lapide in Pietra con Epigrafe

Fra gli inventari dei beni della chiesa parrocchiale è sempre citata una lapide con iscrizione a caratteri gotici che dopo i restauri del 1887 è stata murata nella facciata sopra la porta. Sono state date numerose interpretazioni al testo quasi illeggibile si propone la traduzione dello storico don Angelo Menichelli:
NICOLAUS SANCTI BRUNUS FRANCISCI 1481 MEUS MARII FICI ACTANTE HACTILII BALDASAR CHRISTOFARI AC ET (?) PERUS BERTOLI
La prima osservazione che si può fare è che sulla pietra si notano dei piccoli incavi circolari che nella trascrizione sono indicativi dei puntini, segni funzionali della separazione delle parole ed importanti ai fini della datazione dell’epigrafe. Si tratta di un testo tardo, considerando che le epigrafi antiche non presentano la separazione delle parole, ma hanno uno scritto continuo. Riguardo alle lettere possiamo dire che si tratta di un alfabeto greco maiuscolo, anche se alcune creano problemi di identificazione. Colpisce però la presenza di una i con il puntino, fatto decisamente anomalo e assente nell’alfabeto greco (righe 1,2,3). Altra difficile interpretazione è la barra orizzontale sulla alfa e sulla rho (righe 1 e 5). Non possono essere accenti, in quanto nel greco colpiscono le vocali e non le consonanti, com’è la lettera rho, ed inoltre nelle epigrafi non vengono aggiunti accenti. Probabilmente sono abbreviazioni fatte dall’epigrafista, rese necessarie dallo spazio insufficiente per inserire tutto il testo.
Un’altra ipotesi, anche se un po’ improbabile, è che alcune lettere ricordano l’alfabeto latino; allora potremmo pensare ad un misto di grafici latini con una base di alfabeto greco, cosa non impossibile dato che l’Umbria fu territorio latino. La riga 3 inoltre presenta delle cifre che indicano la data secondo una consuetudine tipica delle epigrafi, ma non è completamente chiara.
La comprensione del testo dunque rimane particolarmente problematica e perciò non si può dare un’ interpretazione definitiva e completa. Quello che si può intuire è che si parla di un certo Nicola (dal greco “Vittoria“), nome molto comune in età Bizantina, soprattutto tra i monaci.
Si leggono altre parole in ordine di riga, quali: riga 1= terra, riga 2 = tutto, riga 3 = tempo.
In base al nome del personaggio (Nicola), si può supporre che possa trattarsi di un’iscrizione voluta da un monaco bizantino (se si tratta effettivamente di un monaco) commissionata per esprimere ringraziamento a Dio per la chiesa, forse prima di morire.
 

Presenza Templare

Si avanza anche un’ipotesi molto suggestiva, sperando che possa servire da stimolo per chi desiderasse in futuro confermarla ed approfondirla. In considerazione della rappresentazione della croce scolpita sulla pietra (Croce di S. Maurizio), potremmo ipotizzare che la lapide fu posta dai Cavalieri Templari e che la chiesa si trovò a far parte, per vicende a noi ignote, del “circuito” degli stessi.
Il Belforti-Mariotti infatti, in un suo libro descrive sopra l’arco della porta della chiesa parrocchiale di Sant’Egidio una croce scolpita su pietra, simile a quella della Parrocchiale di Pieve di Compresseto, con ai piedi una Croce di Malta. La stessa rappresentazione è visibile, anche se posta su due pietre distinte, sulla facciata della chiesa parrocchiale di San Pellegrino di Gualdo Tadino. Lo Storico Ugo Giacometti ci informa che nel mese di agosto 1998 “Sua Altezza Eminentissima il Principe e Gran Maestro del Sovrano Ordine Militare di Malta“” , venne a San Pellegrino per ammirare la lapide in pietra risalente, secondo lo Storico Enzo Storelli, alla prima metà del Quattrocento.
Inoltre, nel territorio del Parco del Monte Cucco vi fu una forte presenza di Cavalieri Templari, con due sedi storicamente accertate, una precettoria a Perticano e una commenda agricola a Collina di Purello ed anche una terza sede probabile a Costacciaro, nei pressi della chiesa.
Ancora, nel XII secolo già esisteva una Domus di grande prestigio, forse anch’essa templare, a Colmartino di Costacciaro e uno stanziamento presso Sigillo.
Nel 1986 infine, presso alcuni terreni agricoli furono ritrovati tre cippi confinari con incisa sopra una croce di tipologia Templare.
 

Fonti documentative

“Il Feudo di Compresseto e la sua Pieve – Storia Civile ed ecclesiastica dalle Origini ai giorni nostri” di Francesco Farabi e Morena Cattaneo Edizioni Accademia dei Romiti 2012
 

Ringraziamenti

Sento il dovere in queste pagine ringraziare di vero cuore Francesco Farabi e Don Stefano Bastianelli, il primo per avermi regalato una copia del meraviglioso libro che ha scritto e che ho citato nelle fonti e da cui sono stati attinti i testi quasi in forma integrale e il secondo per avermi trasmesso l’infinito amore e dedizione che custodisce per la sua Pieve. Entrambi preziosi custodi di conoscenza che con la loro passione e dedizione contribuiscono a far apprezzare a pieno il valore a la storia del loro bellissimo paese.
 

Per approfondimenti maggiori: www.pievedicompresseto.it

 

Da vedere nella zona

Castello di Compresseto
Abbazia di San Pietro in Val di Rasina
 

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