Chiesa di San Silvestro – Villamagina

La chiesa ha subito varie modifiche ed ha un aspetto piuttosto moderno

 

Descrizione

Detta anche villa Macina, villa Maina, aveva nel 1611 abitanti 160, ridotti a 145 un secolo dopo. La chiesa è dedicata a S. Silvestro, era a due navate sostenute da volte con accanto la torre campanaria. Sulla parete dell’abside l’Inniziati nella vista osservò dipinta la Risurrezione di Cristo, la tavola sagomata del Crocifisso e l’altare dell’Immacolata Concezione.
Il Crocifisso sagomato, è dipinto da un ritardatario pittore della Valnerina del Quattrocento, secondo l’antico profilo bizantino. La croce oltre alle tabelle laterali con le figure di S. Giovanni e dell’Addolorata, in conversazione più che in posa di dolore, ha le tabelle rettangolari anche agli estremi dei bracci, di cui quella in alto presenta l’Eterno, dall’espressione ingenua, benedicente alla greca.
Il Cristo ha occhi aperti e stupefatti in un volto inespressivo tra i numerosi capelli che scendono ai lati.
Il corpo è eretto e più che appeso è riposante sui tre chiodi (i piedi sono sovrapposti). Anche le pieghe del perizona sono ancora gotiche e di gusto popolare.
Per lo stile di espressioni timide, si avvicina agli altri crocifissi di Caso e di Ferentillo, ma l’opera popolaresca risente anche dell’ingenuità di opere marchigiane come quelle di Antonio da Fabriano. Il Crocifisso proviene dal soppresso Convento di Sterpare.
La tela del Rosario è secondo il manierismo seicentesco avanzato: rappresenta la Madonna col Bambino tra gli Angeli di cui uno al centro sorregge il giglio di S. Antonio inginocchiato accanto di fronte al papa S. Silvestro.
 

LE LIME E LE RASPE

La produzione

La gente di Villamagina è dedita da secoli alla lavorazione delle raspe e delle lime, la zona del sellanese è da tempo infatti rinomata per tale produzione, fatte a mano con un sistema di lavorazione che si tramanda da secoli.
Quest’attività è documentata fin dal Settecento ed impegnava gran parte degli abitanti delle frazioni di Villamagina, Casale, Ottaggi e S. Martino.
Il deschetto di legno utilizzato per l’intaglio (“la picchettatura”) delle lime e delle raspe era presente in tutte le case.
Nella metà dell’Ottocento si contavano nella zona una ventina di imprese artigiane con una produzione di oltre 12.000 dozzine di lime e raspe e circa 24.000 dozzine di altri mezzi metallici per lavori agricoli.
Le difficili condizioni di lavoro e l’agguerrita concorrenza del mercato internazionale hanno provocato la crisi di questa attività.
Nel 1954 è stata fondata la Società Cooperativa Artigiana di Villamagina che attualmente conta 11 soci ed impegna 19 dipendenti.
La produzione media è di 900.000 pezzi all’anno destinata per oltre il 30% al mercato estero. La Cooperativa è rimasta l’unica impresa italiana ad operare in questo campo e produce raspe tonde, piane, birolere e raspe speciali per ebanisti, mobilieri, scultori, calzolai, vetrai, maniscalchi, lavagnari.

La lavorazione

Un tempo nella zona si svolgeva l’intero ciclo di produzione: dall’estrazione del ferro nelle miniere di Monte Birbone, ad una prima lavorazione nelle Ferriere di Monteleone, chiuse dopo il disastroso terremoto del 1703, alla forgiatura e produzione degli utensili nel sellanese.
La produzione è attualmente limitata alle sole raspe con processo di lavorazione rimasto sostanzialmente inalterato nel tempo.
Le barrette di ferro dolce, riscaldate alla forgia alimentata da carbone vegetale, vengono sagomate nella dimensione e nella forma voluta..
La successiva “arricciatura”, realizzata con uno scalpello di acciaio, richiede una particolare abilità; viene eseguita su un deschetto ricavato da un tronco d’albero su cui viene infisso un blocco di piombo (ora di alluminio) rivestito di cuoio per appoggiare le raspe senza rovinare i denti già formati quando si lavora l’altra faccia.
La lavorazione manuale distribuisce in modo irregolare le punte sulla superficie delle raspe, e questo costituisce il maggior pregio dell’utensile, perché garantisce una perfetta levigatura dei materiali, rispetto alle raspe prodotte meccanicamente che, presentando tutte le cuspidi disposte in fila, lasciano i segni dell’abrasione.

L’origine

La tradizione vuole che i frati di S. Croce di Sterpare e di S. Nicolò di Acquapremula, per sollevare gli abitanti delle ville di Sellano dalle condizioni di assoluta povertà in cui vivevano, li istruirono nell’arte della lavorazione del ferro per ricavarne lime e raspe.
Il segreto riguardava soprattutto la fase di “cementazione e tempera” che consisteva nell’avvolgere i pezzi con un preparato chimico fatto di fuliggine con aggiunta di sale, polvere di corno e di unghie ( senza questo preparati i denti delle raspe e lime fonderebbero ), venivano poi messi in un forno a 850 °, il portello del quale era sigillato con una terra bianca che si rinviene sul posto, impastata con sterco di cavallo. Una volta arroventati venivano immersi nell’acqua fredda, questo aumentava la durezza del metallo ed evitava la deformazione dei denti.
Successivamente si passava all’insabbiatura per pulire i pezzi dalle scorie bruciate e dare un colore cenerognolo, venivano poi passati nell’olio antiruggine diluito in acqua emulsionante per poi farli asciugare al sole.
Il segreto venne così gelosamente custodito che quando, nel 1778, il maestro limaro Francesco Antonini di Sellano accolse nella sua bottega un giovane milanese, Cristoforo Masina, gli altri artigiani si rivolsero al Camerlengo di Santa Romana Chiesa perché fosse “rimosso dalla sua bottega il giovane suddetto sotto gravissime pene colle proibizioni, in avvenire, a tutti i limari che non abbiano ardire di mai imparare ad esteri simili mestieri“.
La stessa tradizione vuole che i frati, preoccupati che la ricchezza ricavata dall’arte da loro insegnata potesse allontanare dalla fede gli abitanti, per mantenerli devoti ed onesti invocassero la maledizione su coloro che avessero guadagnato più del necessario per vivere.
 

Fonti documentative

Spina e il suo Territorio
Storia Ambiente e Tradizioni Popolari
Pro Loco Spina di Campello – Artegraf Città di Castello 2013
Testo di Luciano G. Giacché

Storia dei Comuni della Valnerina di Don Anzano Fabbi 1976
 

Da vedere nella zona

Chiesa di San Severino – Montalbo
Castello di Postignano
Sellano
Chiesa della Madonna della neve – San Martino
Chiesa di San Pietro – Forfi
Chiesa di San Cristoforo – Vio
 

Mappa

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