Ruscio – Monteleone di Spoleto (PG)

Sede dell’antica Dogana Pontificia che controllava il confine tra lo Stato Pontificio e il Regno delle Due Sicilie e riscuoteva i dazi delle merci che transitavano. Il confine fu tracciato nel 1847 con il posizionamento di ben 686 cippi di confine in pietra recanti gli stemmi dei due Stati. I Termini furono posti in modo che la data di apposizione con le Chiavi di San Pietro guardassero in direzione del territorio dello Stato Pontificio mentre il numero progressivo con il Giglio in direzione del territorio del Regno Borbonico. Uno di questi Paletti di confine è proprio sulla parte alta della piazza di Monteleone.

 

Cenni Storici

Ruscio si erge a 777 metri sul livello del mare, nella vallata alluvionale detta anche “il Piano di sotto” o “Piano di Ruscio“, lungo la quale il torrente Vorga confluisce nel fiume Corno, ai piedi del borgo di Monteleone di Spoleto.
Il toponimo deriva forse dal latino Russeus, ovvero Rubeus (rosso), in probabile riferimento al colore del terreno, oppure dai gentilizi latini Roscius o Rustius, secondo altre ipotesi potrebbe derivare da ruscello; la denominazione è tarda, per lungo tempo è indicato nei documenti come Villa Maggiore.
L’agglomerato abitativo è composto da due diversi nuclei storici, comunemente distinti in “Ruscio di Sopra” e “Ruscio di Sotto“, e in due ulteriori sottozone di nuova espansione, chiamate rispettivamente “Il Colle” e “Le Ville“.
La storia di Ruscio è strettamente collegata a quella di Monteleone, non avendo mai avuto una propria autonomia amministrativa.
Tra le risorse storiche per gli abitanti della zona ricordiamo le ferriere di Ruscio, attive tra il XVII e il XVIII secolo, poste all’estremo limite Nord del suo territorio, che lavorano il minerale estratto dai giacimenti ferriferi locali, il più importante dei quali era la Miniera di Terrargo, alle pendici di monte Birbone.
Nei secoli scorsi, altra ricchezza indispensabile per i rusciani (o rusciari) e i monteleonesi tutti, è derivata dalla produzione di carbone, consistente nella raccolta di legna e nella sua trasformazione in carbone vegetale attraverso l’eliminazione dell’acqua e di altre sostanze, ottenendo un combustibile altamente calorifero.
Nella frazione di Ruscio, nel corso della prima metà del Novecento, si procede inoltre all’estrazione di lignite, ovvero di un altro combustibile fossile di formazione relativamente recente, elevata umidità relativa e pregio non particolare a causa di una carbonizzazione mai del tutto completa.
La miniera lignitifera, che nella Seconda Guerra Mondiale diventa un campo di concentramento per prigionieri di guerra, impiegati nel processo di estrazione, è individuata fin dal 1812 da un ingegnere spoletino, Pietro Fontana, impegnato nell’esplorazione del territorio per la riattivazione delle ferriere monteleonesi.
Il mestiere del carbonaro tramonta definitivamente, qui come altrove, nella seconda metà del XX secolo, con l’affermarsi di un’altra risorsa energetica sul mercato mondiale, ovvero il petrolio.
A Ruscio aveva sede la Dogana Pontificia, posta a confine tra lo Stato della Chiesa e il Regno delle Due Sicilie, a controllo delle merci in entrata e in uscita e applicazione delle normative e delle tassazioni vigenti.
Il 28 marzo 1831, l’arcivescovo di Spoleto, Mastai Ferretti, futuro papa Pio IX, transita per Ruscio.
Si era rifugiato a Leonessa, nella sua diocesi, ma appartenente politicamente al regno Borbonico, intimorito dai primi moti risorgimentali nello Stato Pontificio, “avvertito a procurarsi la personale sicurezza, partì da Spoleto di buon mattino del sabato precedente la domenica delle Palme 26 marzo 1831, prendendo la via di Monteluco accompagnato da due servitori…”.
Giunto un dispaccio la sera della domenica delle Palme, da parte del Cardinale Benvenuti che lo nominava Delegato straordinario delle provincie di Spoleto e Rieti, Mons. Mastai “sollecitò tosto la partenza per Monteleone, e con un seguito di circa 15 persone fra laici e sacerdoti, mosse verso il villaggio di Ruscio di Monteleone. E siccome la notizia del ripristinato Governo Pontificio erasi colà già sparsa, poiché un tale Giovanni Forconi, si era partito subito da Leonessa per annunciarla, ne avvenne che sebbene fosse notte, molti popolani di Ruscio e vari soldati della Finanza che erano in quella stazione di dogana, furono pronti a scortare con lumi Mons. Mastai a Monteleone e che il popolo di questo paese tutto si commosse all’arrivo...”
Giuseppe Garibaldi, sosta a Ruscio il 29 agosto 1849, nel corso della spedizione che tenta la disperata difesa della Seconda Repubblica Romana, riposando per qualche ora nella casa del curato presso la Chiesa della Madonna Addolorata:
Nel villaggio di Ruscio, sede di dogana dello Stato pontificio, gli venne offerta una colazione, nella abitazione di don Pietro Marinelli, frate sfratato, di sentimenti repubblicani, all’epoca parroco di Monteleone, a questi, il priore del Comune, Giuseppe Moretti, aveva pregato di accogliere Garibaldi nella propria casa e di offrirgli un pasto perché in quel villaggio non vi era luogo più adatto“.
Sul muro esterno della casa del curato, è posta una lapide commemorativa dell’evento:
(“IL XXIX GENNAIO MDCCCXLIX / IN QUESTA CASA SOSTÒ PER POCHE ORE / GIUSEPPE GARIBALDI / ALLORQUANDO ACCORREVA ALLA DIFESA DI ROMA / PER RIVENDICARE COLLE ARMI / I DIRITTI CONCULCATI DEL POPOLO / – / A PERENNE E GRATA RICORDANZA / IL MUNICIPIO / DI MONTELEONE DI SPOLETO / NEL DI VIII OTTOBRE MDCCCLXXXII“).
Durante la seconda guerra mondiale vi fu insediato un campo di prigionia, con lavoro coatto nelle miniere.
Oggi Ruscio conta circa cento abitanti, è un ottimo centro residenziale estivo, attrezzato e con una forte attenzione alla cura del territorio e della sua natura, che conserva i suoi monumenti ricchi di storia.
Da diversi decenni è sede di una rinomata azienda agricola, con produzione specializzata in coltura di cereali, principalmente farro, e legumi.
 
 
 

Chiesa di Sant’Antonio da Padova

Da vedere la Chiesa di Sant’Antonio da Padova, sita all’estremità dell’attuale nucleo meridionale di Ruscio.
Ricostruita a seguito del sisma del 1703, che ha distrutto il precedente edificio,noto anche come “S. Antonio nel piano di sotto“, inserita difatti nell’elenco degli edifici diroccati e necessari di interventi di restauro nella relazione della situazione post sisma, inviata qualche mese più tardi dai monteleonesi alla Congregazione appositamente istituita dallo Stato pontificio, in cui si chiede l’esenzione fiscale e il denaro per ricostruire gli edifici e le mura castellane parzialmente dirute, nonché l’aumento dei soldati acquartierati in loco.
Nella visita pastorale del Lascaris del 1712, la nuova cappella è già ricostruita e funzionante.
L’essenziale edificio a capanna è poco adorno e reca in facciata lo stemma in marmo dell’Ordine francescano, a testimonianza della fondazione su un terreno appartenente al locale Convento di San Francesco, il quale inizialmente detiene il diritto di nomina del cappellano.
La struttura conserva un dossale d’altare in stucco del XVIII secolo, dipinto a finto marmo e decorato da motivi floreali.
Nel capo altare è l’iscrizione dipinta “PETUNT ET ACCIPIUNT” (Chiedono e ricevono), espressione tratta dal “Sequeri“, una preghiera popolare dedicata ad Antonio di Padova, protettore di chi cerca oggetti smarriti, che per tradizione va recitata per tredici volte consecutive (da cui l’appellativo “Tredicina di Sant’Antonio“).
La pala d’altare raffigura una Madonna con il Bambino e il Santo titolare.
 
 
 

Chiesa della Madonna Addolorata

La Chiesa della Madonna Addolorata, il cui nome esatto è Chiesa della Beatissima Vergine dei Sette Dolori e Suffragio delle Anime del Purgatorio, sorge al lato dell’incrocio a T della strada proveniente da Leonessa con quella che si dirige da un lato a Monteleone di Spoleto e dall’altro verso la Chiesa di Santa Maria De Equo.
È stata eretta verso la metà del XVIII secolo dai Reverendi Don Filippo e Don Biagio Peroni (rispettivamente zio e nipote), per sovvenire alla penuria di spazio dell’allora unica chiesa del posto, dedicata a Sant’Antonio.
Don Filippo (primo parroco diocesano di Monteleone dal 1717 alla morte, sopraggiunta nel 1757) cede un fondo per il mantenimento della chiesa, mentre Don Biagio Peroni (1707 ca-1794), ivi sepolto, fornisce il terreno per la costruzione del fabbricato.
Nel 1749 il vescovo di Spoleto autorizza l’avvio dei lavori di costruzione.
In seguito i fratelli Biagio e Gregorio Peroni promuovono l’istituzione dell’Opera Pia Santissima Addolorata in Ruscio, come risulta dall’atto rogato dal notaio Galassi il 27 agosto 1791.
Gli scopi dell’Opera pia erano quelli di celebrare una messa quotidiana, mantenere agli studi un alunno povero del Comune nel seminario diocesano e provvedere alla dote di povere ragazze zitelle del Comune.
Per provvedere a tali scopi ricavava rendite dal grano dei fondi rustici, da vari censi e dal fitto del canneto.
Dal 1869 l’ente fu amministrato dalla Congregazione di carità di Monteleone di Spoleto e dal 1937 dall’ECA, fu definitivamente soppresso in data sconosciuta.
 

Aspetto esterno

La facciata è frutto di una serie di trasformazioni, che si concentrano soprattutto tra gli anni Trenta e Quaranta del Novecento.
Si presenta come un tempietto con quattro lesene che sostengono un grande frontone; nel fregio corre l’iscrizione “MATER DOLOROSA ORA PRO NOBIS“.
Nel piccolo timpano sul portale d’ingresso sono scolpiti a rilievo i simboli dell’Addolorata (cuore trafitto da una spada) e della Passione di Cristo (corona di spine e tre chiodi).
Un’iscrizione del 1919, apposta sulla finestra di sinistra, ricorda i conterranei caduti nella Prima Guerra Mondiale.
Sul fondo del lato destro della struttura si eleva il campanile, costruito nel 1950 in sostituzione del piccolo campanile sul fondo del lato sinistro, a vela con tre archetti giustapposti.
 

Interno

La pianta allungata è divisa in due aree da un arco trasversale.
L’odierna copertura spiovente ha un telaio ligneo con pianelle, ma è attestata l’originaria presenza di una volta a botte (realizzata a canne intrecciate), definitivamente perduta dopo i restauri del 1949.
Tra i soggetti ivi dipinti era una Fuga in Egitto, probabilmente facente parte di un ciclo raffigurante i Sette Dolori di Maria.
L’altare maggiore, in legno dorato, fungeva da altare laterale nella Chiesa conventuale di San Francesco, è stato qui collocato dal parroco di Ruscio, mons. Sestilio Silvestri, in sostituzione del vecchio altare settecentesco in muratura, andato distrutto nei lavori di ristrutturazione successivi al terremoto del 1979.
Ha una bella predella recante un motivo floreale riccamente dipinto e in alto un frontone spezzato; il capo altare è dipinto con la scena della Morte di San Giuseppe, in presenza di Gesù e della Vergine Maria.
Lo spazio centrale è occupato da una moderna statua dell’Addolorata, che negli anni Venti del secolo scorso sostituisce già la pala d’altare della precedente struttura.
I candelieri d’ottone sono dono nel 1933 dei rusciani, che fanno incidere i propri nomi sulla base delle suppellettili.
Ai lati, sulla parete di fondo, sono esposti due frammenti di affreschi staccati, appartenenti alla campagna di decorazione settecentesca della chiesa, che ritraggono Sant’Emidio (protettore dai terremoti) e San Filippo Benizi, in contemplazione di un crocifisso.
La Madonna Addolorata con le anime del Purgatorio di scuola romana risale alla metà del XVIII secolo e proviene dal vecchio altare.
Nubi e angeli circondano la Vergine, col petto trafitto da una spada e un’espressione estatica, indicata dall’angelo sottostante che, con l’altra mano, afferra le mani giunte in preghiera di un’anima purgante.
In basso a destra è uno stemma di forma ovoidale con un albero di pere, attestante la committenza Peroni.
I settecenteschi altari laterali in stucco, dipinti nel Novecento a oro e finto marmo, sono ornati dalle tele originarie restaurate nel 2001.
La pala d’altare di destra ritrae quattro Santi, disposti a formare un cerchio ideale.
Dal basso a sinistra: San Giuseppe,con il bastone fiorito, e accanto una Santa da identificarsi; dall’alto a sinistra San Giacomo, col bastone da pellegrino, e Maria Maddalena, con il classico vasetto di unguento.
La pala d’altare di sinistra raffigura, invece, una serie di personaggi disposti secondo uno schema prospettico impostato su tre registri, con una visuale che si allontanano dal basso verso l’alto.
In primo piano, ancorati al terreno, sono i Santi Ponziano (vestito da romano e con bandiera), Biagio (con pettine da cardatore), Antonio Abate (con maiale e bastone sormontato da una campanella) e Vito (con cane); nel registro mediano, già avvolti dalle nubi, sono seduti i Santi Pietro (con chiavi) e Paolo (con spada); in alto la Vergine con il Bambino.
Entrambe le tele sono state recentemente attribuite alla mano di Paolo Antonio Mattei (1728-1780), pittore di Castel San Giovanni di Cascia (PG).
Altre tele sono apposte alle pareti della chiesa o conservate nella sagrestia.
Nei pressi della chiesa si può ammirare la caratteristica e graziosa Fontana della Tazzaretta, costruita nel 1987 con le macine in pietra dell’antica mola ad acqua di Santa Lucia.
Nella visita pastorale del Lascaris del 1712 si cita per la valle di Ruscio una Chiesa dedicata a San Lorenzo, con annesso Ospedale, di cui non rimangono più tracce.
 
 
 

Chiesa di Santa Lucia

Nei dintorni da non perdere la Chiesa di Santa Maria de Equo o del Piano, poi la chiesina di Santa Lucia, che sorge vicino alla gola delle ferriere, al disotto del piano stradale dell’odierna via provinciale, presso un antico incrocio viario, con a monte l’omonima fontana dalle acque di proprietà terapeutiche.
Eretta intorno al 1629 per volere di Andrea De Rossi (o De Rubeis) e terminata nel 1631 dal vicario foraneo D. Domenico De Rubeis (o De Rossi), su un fondo di loro proprietà, nel 1712 risulta già in rovina, il vescovo Giacinto Lascaris così la descrive:
posta ai piedi della discesa di Monteleone verso il piano presso l’origine del Tissino.
Reca dipinta su tela l’immagine della titolare. Fu dotata senza alcun legato di un appezzamento di terra da Domenico Rossi. Ormai è diruta e aperta
“.
Presso la chiesa, nella notte del 18 febbraio 1799 si accampò un drappello di truppe francesi, proveniente da Norcia e diretto ad Arrone, che depredò vettovaglie e fucilò tre giovani monteleonesi, rei di aver opposto resistenza e segnalato il suo arrivo alla popolazione con degli spari.
Di modeste dimensioni, presenta una semplice facciata intonacata con una finestrella, un piccolo oculo superiore e un campaniletto a vela.
L’ingresso in pietra è formato da elementi litici, fra cui un architrave, a forma di frontone, sul quale è centralmente scolpita una croce latina a bracci strombati posta su tre monti, nei quali sono incise le iniziali del cofondatore “D. D. R.” (Domenicus De Rubeis); al di sotto è la data di consacrazione (1631).
Sullo stipite sinistro, forse di riutilizzo, sono scolpite una croce patente entro uno stemma tondo e un simbolo solare.
Nella parte alta del prospetto, là dove è oggi visibile una vistosa cavità, era murato fino a pochi anni addietro lo stemma in pietra della famiglia monteleonese dei De Rubeis, raffigurante un cavallino e una testa di moro divisi da una banda, ora trafugato.
Il piccolo ambiente presenta all’interno un pavimento moderno in mattoni e un semplice altare, presso il quale era collocata una tela a olio seicentesca, raffigurante i Santi Lucia, Apollonia e Cristina.
La pala d’altare è stata ricoverata presso il Convento di San Francesco di Monteleone dopo un maldestro tentativo di asporto da parte di ignoti, che ha danneggiato il supporto pittorico.
Oggi la chiesetta campestre, semidiruta, non conserva particolari memorie storiche, fino agli eventi sismici del 2016 era aperta al culto solo il 13 dicembre, in occasione della festività religiosa della Santa titolare, ora è inagibile e sul punto di crollare.
 

Fonti documentative

Toscano B., Giacchè L., Ragni B., (1977), L’Umbria. Manuali per il territorio. La Valnerina. Il Nursino. Il Casciano, Roma, Edindustria
Informazioni tratte dal sito web http://www.archeoambiente.net/
Informazioni tratte dal sito web http://www.proruscio.it/
Informazioni tratte dal sito web http://www.lavalnerina.it/
Informazioni tratte dal sito web http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=42766

http://www.lemiepasseggiate.it/brevi-cenni-di-storia

 

Nota

La galleria fotografica ed il testo sono stati realizzati da Silvio Sorcini.
 

Da vedere nei dintorni

Chiesa di Santa Maria de Equo – Ruscio di Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa di Sant’Erasmo – Trivio di Monteleone di Spoleto (PG)
Casale Caserta o Baiocco – Monteleone di Spoleto (PG)
Castello di Monteleone di Spoleto (PG)
La Biga – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa e Convento di S. Caterina – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa della Madonna della Quercia – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa di San Francesco – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiostro Superiore del monastero di San Francesco – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa inferiore di San Francesco (Sant’Antonio) – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa di San Nicola – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa di San Gilberto – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa della Madonna delle Grazie – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa di San Giovanni – Monteleone di Spoleto (PG)
Chiesa della Madonna di Castelvecchio – Monteleone di Spoleto (PG)
Fonte di Nempe – Monteleone di Spoleto (PG)
 

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