Santuario Madonna della Neve alla Ghea – Fossato di Vico (PG)

Statua in legno policromo della Vergine con il Bambino
Si tratta tuttavia di una copia della statua lignea realizzata da artigiani di Ortisei, poiché l’originale fu spostato per motivi di sicurezza in altra sede, contattare il parrocco di sant’Apollinare a Purello.

 

Santuario (in località Purello) sorto su un preesistente luogo sacro molto più antico su un’area distante dalla Flaminia, ma in piena proprietà terriera della Commenda Templare di San Giustino d’Arna.

 

Premessa

Il Santuario Madonna della Neve alla Ghea è ubicato in aperta campagna sul luogo di un antico castello di cui è visibile ancora qualche reperto, a poca distanza dal paese di Purello, in località Ghea.
Si racconta che Il 5 agosto dell’anno 1000 si verificò un’abbondante nevicata e la “Madonna della Ghea” è diventata “della Neve”, come tante altre nel comprensorio, dal XVI secolo.
Si suppone sia stato costruito su un luogo sacro molto più antico, abitato dagli antichi Umbri e successivamente dai romani (nella zona è stata trovata un’iscrizione alla dea Cupra “ Madre ”, relativa al culto delle acque).
 

Cenni Storici

Così è definita la struttura religiosa in aperta campagna dalla rubrica CCXI degli Statuti due–trecenteschi di Fossato, i quali ci parlano anche di una villa ghee, un villaggio circostante. Come spiega G. Sigismondi nel suo “S. Maria della Ghea” del 1969, Ghea è toponimo che non compare prima del sec. XIV (la citata rubrica statutaria è infatti trecentesca) e deriva per il cambio di una <l> in <h> e per la caduta della <r>
tra le due vocali, dalle due forme precedenti <glea> e <glera>.
Compare infatti come glea nell’atto di Ottone III del 996, nella Bolla di Adriano IV del 1156 (ove è curte de glea, la curtis, nata in età longobarda e sviluppatasi in particolare dall’età carolingia in poi, rispecchiante in genere l’antica fattoria romana, è un luogo ove generalmente si consuma ciò che si produce), compare in un documento di Celestino III del 1191 (in cui per la prima volta viene citata la chiesa della Ghea, la Santa Sede riceve sotto la sua protezione il monastero di S. Donato di Pulpiano, confermandogli il possesso dei suoi beni, tra i quali, appunto, octavam partem castri cum omnibus pertinentiis suis tam ecclesie quam aliorum hominum de Glea, ” l’ottava parte del castello con tutte le sue pertinenze tanto della chiesa quanto degli altri uomini di Glea “), compare in una pergamena del monastero di S. Maria d’Appennino del 1229, atto rogato in plebe de glea da Paulus notaio fossatano, con il quale un tale dona a Martino cappellano della chiesa di S. Cristoforo de colle, presente il vescovo di Nocera, un terzo di una vigna (la plebs o pieve è la chiesa battesimale matrice di altre chiese nel territorio ed è la struttura alto–medievale che sotto la guida di un plebanus si sostituisce, a parere di vari studiosi, al pagus romano), compare nella pergamena del 1289 del monastero citato (Giovanni vesc. di Nocera su richiesta di un tale de Glea nomina un monaco del monastero rettore di una chiesa).
Compare invece come curia Glere (la curia è un luogo che possiede una certa autonomia amministrativa) e plebis Glere in pergamene del citato monastero rispettivamente del 1285 e 1290.
Si può aggiungere, a conferma, il castrum Chere (il castrum è un castello con tanto di recinzione muraria e per quello di Ghea è stata avanzata l’ipotesi di una sua costruzione bizantina in funzione antilongobarda), citato nel Laudum inter Comune Perusii et Comune Eugubii del 14 luglio 1259.
La parola significa collinetta, rialzo del terreno rispetto all’area circostante, com’è quello su cui si trova la nostra chiesetta/santuario, e nelle pergamene di Santa Maria d’Appennino del 1375 e del 1380, troviamo che l’atto è rogato dal notaio Angelus q. d.ni Nutii de Podio Ghee, del Poggio della Ghea.
Più tardi la parola ha avuto anche la variante gleba ad indicare il piccolo rialzo o zolla sollevata nell’aratura dall’aratro ed al quale era legata la immutabile condizione di quei contadini chiamati appunto servi della gleba.
La Ghea che attraversa tutti i contesti storici possibili, come si è visto sopra, è in quanto tale assolutamente straordinaria: dell’arte tardo–antica o al più del Medioevo centrale restano, incorporate alla chiesa, la scultura in pietra di una testa e sempre in pietra una cimosa a fogliame stilizzato, culturalmente richiamanti una villa rustica del basso Impero, quando il signorotto si allontanava con i suoi servi dalla consolare Flaminia percorsa dai “barbari“, come quasi certamente nel caso del fondatore di collis Bassani, e della plebs resta la chiesa medesima, rispetto all’antica accorciata di cinque metri ad est e più di cinque ad ovest, come riferisce un documento.
Di castrum, curtis, curia , questo l’ordine in cui appaiono nella storia, ad esprimere rispettivamente centri militare, economico, amministrativo, e di villa (villaggio), restano soltanto le parole, sopravvissute in questo caso a scomparse istituzioni feudali che erano durate secoli ed a robusti muri di pietra di uguale durata; ad esse soprattutto deve affidarsi, oltre che ad una buona conoscenza storica della nostra area, chi voglia capire la Ghea dalla romanità in poi.
Sulla chiesa–santuario di Ghea si potrebbe scrivere a lungo: il decadere della plebs già forse nel ’300, con la sua unione alla cattedrale di Nocera, il pagamento di una decima di 5 libre cortonesi al papa il 30 dicembre 1333, effettuato da Berulo nuntio dompni Guillelmi plebanis plebis Ghehe (con la novità della seconda h) solvente pro dicta plebe (5 libre, ma ravennati, le paga allo stesso titolo anche due mesi dopo, il 3 marzo 1334, attraverso l’inserviente di un signore e precisamente Naldo familiari domini Bosoni pro dompno Guilglelmo rectore ecclesie S. Marie de Ghea nucerine diocesis)…
Sono altresì da citare il pagamento della dovuta tassa alla sede pontificia, così come riportato nel citato Liber Beneficiorum, la statua lignea e probabilmente trecentesca della Madonna tuttora oggetto di venerazione, l’appartenenza al districtus castri Fossati come registra un notaio nel 1458 e come in precedenza mostrano gli Statuti medievali del castello (anche un atto nell’AS di Gubbio, Fondo Not., Prot. 5, c. 57 r, il 30 agosto 1348, l’anno della grande peste, riferisce di un eugubino che rilascia quietanza a Bernardo Acomandutii Jacobi de villa Ghee territori castri Fossati), lo scadere dal ’500 a “beneficio semplice senza cura di anime” (Sigismondi, 1969).
Nel sec. XVI, scrive Del Bianco nella seconda metà dell’Ottocento, “fu eretto un canonicato in Nocera sotto il titolo di S. Maria della Neve di Fossato che tuttora esiste ed è la più ricca prebenda di quel Capitolo.
Il suddetto santuario della Ghea è affigliato a S. Maria Maggiore di Roma
“.
Da ricordare altresì il frammento di un affresco del 1506, a firma di un Merlini nativo di Perugia, la
campana datata MDLXIIII, le visite pastorali ed i lavori di fine ’500 e inizio ’600, la probabile venerazione della Madonna Assunta del 15 agosto da “supporre fino al primo decennio del sec. XVIII” (sempre Sigismondi, non dunque la Madonna della Neve festeggiata come tuttora il 5 agosto e vedi in proposito gli Statuti medievali di Fossato che in rubr. XXI parlano di ” festo sancte marie mensis augusti “, festa di S. Maria del mese di agosto).
Non si possono tacere, poi, la sua raffigurazione e numerazione con il n. 131 nella settecentesca tela ad olio di m 2,70 x 1,90 conservata nell’ex vescovado di Nocera, la vendita dei beni a favore delle
Agostiniane di Sigillo nel 1837 e il loro passaggio al Demanio (Fondo Culto) nel 1860, l’attribuzione alla Madonna di una miracolosa cessazione del colera a Fossato nel 1855 (Sigismondi cita tuttavia un documento per il quale nelle limitrofa Gualdo Tadino e nello stesso anno il colera durò circa un mese), i restauri effettuati dal Fondo Culto a fine ’800, con contributi economici anche del parroco di Purello, del Comune di Fossato e di fedeli, l’innalzamento della struttura nel 1900, il porticato antistante costruito nel 1907 e quello laterale nel 1925–27, l’arrivo di un’altra campana nel 1945 con l’iscrizione riportante la gratitudine dei fedeli a feritate Teutonum liberati, liberati dalla bestialità dei Tedeschi (l’occupazione nazista dell’Italia e la guerra erano appena finite); la campana precedente, più grande, è del 1564 e riporta un’invocazione alla Madonna della Ghea.
 

Aspetto

Oggi la chiesa si presenta ad unica navata, con tetto a capanna, copertura lignea, campanile a torre; l’esterno molto semplice è preceduto da un porticato.
 

Interno

Al suo interno si venera la statua in legno policromo della Vergine con il Bambino sulle ginocchia del XII-XIII secolo che insieme reggono il globo azzurro con stelle in oro, a cui vengono attribuiti molti miracoli, specialmente contro le epidemie e il maltempo.
Si tratta tuttavia di una copia della statua lignea realizzata da artigiani di Ortisei, poiché l’originale fu spostato per motivi di sicurezza nella chiesa parrocchiale di sant’Apollinare.
 

Festa del Santuario

Resta da dire, che quella della Ghea costituisce a Fossato l’ultima festa ereditata dall’antichità, cioè dal citato e medievale ” festo sancte marie mensis augusti “, e rappresenta l’ultimo esempio di festa allo stesso tempo sacra e profana: accanto a messe, preghiere e processioni per tutto l’arco della giornata, ci sono bancarelle con giocattoli, vino e porchetta, ricordini, cocomeri, pranzi e merende sui prati circostanti.
C’era l’usanza antichissima (cessata) di arrivare in pellegrinaggio al Santuario il giorno della vigilia, a piedi o col carro o a cavallo, pernottando intorno al santuario e lavandosi al mattino in una sorgente del bosco attiguo.
La festa inizia comunque molto presto, intorno alle 6, quando comincia ad arrivare gente lungo la strada del Purello, cantando e portando torce; dopo le funzioni, picnic sul prato circostante. Nel pomeriggio giochi popolari tradizionali (bocce, corsa nei sacchi, rottura delle brocche etc.); la sera, processione e fiaccolata con la statua della Madonna preceduta da un crocefisso. Ballo finale sul piazzale del santuario.
Dal 1988 non vengono fatti più i fuochi d’artificio e la festa è stata spostata al 5 agosto.
 

Fonti documentative

Le Cinquanta chiese della storia Fossatana – di Luigi Galassi

I Templari del Monte Cucco

 

Mappa

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