Castello di Pascelupo – Scheggia Pascelupo (PG)

Il viaggio alla ricerca dei Templari sul Monte Cucco prosegue con il presidio militare di Pascelupo su un’antica direttrice viaria scomparsa.

 

Cenni storici

Straordinario avamposto fortificato del comitato eugubino, prima, e del ducato d’Urbino poi, situato in zona di confine tra l’Umbria e le Marche in un importante nodo stradale della Via Flaminia, Pascelupo assolse sempre, ed egregiamente, alla funzione di baluardo a guardia e difesa del territorio orientale del comune medioevale di Gubbio e di quello meridionale dello Stato d’Urbino.
Da piccolo villaggio pastorale “ville Pascilupi” è ancora talvolta chiamato il centro abitato nel secolo XIV, quale verosimilmente era in origine, dopo essere stato coinvolto, seppure marginalmente, nel 295 a.C., nei nefasti eventi della battaglia di Sentinum, assurse, verosimilmente in epoca altomedioevale, al rango di centro fortificato, in funzione di difesa, del confine orientale del Corridoio Bizantino, dalle incombenti minacce di scorrerie militari, provenienti dai finitimi possedimenti longobardi delle Marche, sotto il diretto controllo del Ducato spoletano.
Il primo documento, che ne fa esplicita menzione, quale castello del comitato eugubino (Castrum Pascelupi), risale al 19 marzo dell’anno 1317.
In esso, il presidio militare è denominato “Pascilupo“.
Nel 1321, lo si chiama “Castri Pascelupi“, nel 1326 “Castrum Pascelupi“, nel 1330 “Castri Passilupi” che dovrebbe senz’altro significare o “passo del lupo“, oppure “passo da lupo“, in altre parole “passo così stretto e tanto disagevole da essere adatto solo all’attraversamento da parte di un lupo“, o ancora “passo di Lupo“, cioè di proprietà di un uomo di nome “Lupo” (Lupo e Lupone erano nomi personali discretamente frequenti nell’Età di Mezzo).
Nel 1378 ville Pascilupi, nel 1411 fortilitii Pascelupi, e Pascilupo.
Dal 1416 al 1432 lo si denomina esclusivamente castri Pascilupi.
Tra il XV ed il XVI secolo, i poleonimi Pascilupi e Pascelupi(castrum Pascelupi, 1443) si alternano quasi in egual misura.
Nel 1636, in una lettera dello Stato Pontificio, la Reverenda Camera Apostolica fa un editto in cui si ordina che, dai boschi costacciaroli, pascelupani ed da altre selve e luoghi del territorio eugubino, sia ricavata una partita di remi da destinarsi all’uso navale delle galere; in tale documento al paese viene attribuito l’inusitato toponimo Pasciluco.
Il suo sito genetico e la sua posizione topografica sono davvero strategici, poiché, con l’altura su cui sorge, il Poggio, domina le pendici settentrionali dei monti di Sassoferrato, che s’innalzano, erti, non appena oltrepassato il Torrente Rio Freddo.
La posizione di Pascelupo, che sorge su di promontorio a 529 m s.l.m., è importante anche perché esso è un centro di valico viario, un crocevia transappenninico, sorgente lungo un antichissimo tracciato armentario, forse, addirittura, d’origine preistorica lungo il tratto di Rio Freddo.
L’importanza politico-militare rivestita da Pascelupo nel passato è testimoniata dal fatto che, nella prima metà del XVIII secolo, al castello di Pascelupo risultavano soggette, oltre all’appodiato di Isola Fossara, ben cinque ville: Coldipèccio, Tiego, Piandipesco (forse l’attuale Pian di Fosco), Perticano e Montebóllo (m 561 s.l.m.).
In epoca più antica, anche Pantana era stata di giurisdizione pascelupana.
La dominazione diretta da parte del Comune medioevale di Gubbio cessò nell’anno 1396 ed entrò sotto la sfera d’influenza dei Conti di Montefeltro.
il vetusto “castello murato“, come era denominato Pascelupo nel volume dal titolo Luoghi della Diocesi di Gubbio, in una carta geografica, fatta realizzare, nel secolo XVI, dal Vescovo eugubino Mariano Savelli, è rappresentato a pianta circolare, con una sola porta che è quella attuale.
Fu proprio in quel periodo, infatti, che il Conte Antonio di Montefeltro, feudatario della Chiesa di Roma, ricevette, dal pontefice Bonifacio IX, per lo spazio di dodici anni, il titolo del vicariato su Urbino, Cagli e Gubbio, carica, che, scaduta, gli fu, poi, riconfermata.
Il 13 Aprile dell’anno 1529, la famiglia dei Conti Beni di Gubbio, devolse la montagna di Pascelupo agli uomini dell’intera collettività paesana.
Quest’atto giuridico sancì la nascita formale del Comune di Pascelupo.
Esso, fino ai primi decenni del 1600, ebbe a seguire i destini di quello che era ormai diventato il potente Ducato d’Urbino.
Il 28 Aprile 1631, morì, ad 82 anni d’età, l’ultimo Duca d’Urbino.
Con la morte di Francesco Maria II, Duca Feltrio della Rovere (il simbolo che campeggiava sul gonfalone del Municipio di Pascelupo altro non rappresentava se non un albero di rovere, sorgente su di un prato verdeggiante, e sormontato da una stella rossa a sei punte), l’ultimo della signoria dei Montefeltro, il Ducato, e, con esso, Pascelupo, fu, allora, inglobato nei possedimenti dello Stato della Chiesa.
Dal 1797, Pascelupo, passò, come d’altronde l’intera Italia, nelle mani di Napoleone e fu direttamente amministrato, insieme a Scheggia, dal Dipartimento del Metauro.
Caduto Napoleone, Pascelupo ritornò alla Chiesa, la quale, con la successiva perdita del potere temporale sul suo vasto Stato, determinò il passaggio del territorio pascelupano, dalla giurisdizione ecclesiastica, a quella politico-militare del neonato Regno d’Italia.
Il Comune di Pascelupo fu, allora, definitivamente soppresso, attraverso la sua forzata fusione ed assimilazione a quello di Scheggia, il giorno 8 novembre dell’anno 1878.
Fino al 1878 Scheggia e Pascelupo formavano due comuni diversi poi le due comunità furono aggregate con un decreto firmato dal presidente della Repubblica Giovanni Gronchi.
 

La Leggenda del nome Pascelupo

Una fantasiosa leggenda legata al nome Pascelupo è legata ad un famoso episodio storico narrato da Tito Livio (cfr Titus Livius, La prima Deca, Libro X. Traduz. in italiano di L. Perelli ) dove viene descritta la Battaglia di Sentinum, avvenuta nell’anno 295 a.C., proprio nelle vicinanze di questi luoghi.
Si tratta del presagio della cerva e del lupo, così traducibile: “Il terzo giorno i contendenti scesero in campo con tutte le forze. Mentre gli eserciti erano schierati, una cerva, inseguita da un lupo, venne giù dai monti, e, correndo, attraversò la pianura in mezzo agli opposti schieramenti; quindi le fiere piegarono la corsa in opposta direzione, la cerva verso i Galli, il lupo verso i Romani.
Al lupo fu lasciato libero il passaggio fra le file; la cerva fu trafitta dai Galli.
Allora, un soldato romano delle prime file disse: La fuga e la strage si volgeranno da quella parte dove vedete giacere l’animale sacro a Diana; di qua, il lupo vittorioso, sacro a Marte, intatto e illeso, ha voluto ricordarci la nostra origine da Marte e il nostro fondatore
“.
Alcuni studiosi locali hanno ritenuto che i Romani si siano “imbattuti” nel fausto passaggio del lupo durante la loro marcia d’avvicinamento al campo di battaglia alla volta del territorio di Sentino,
proprio nell’odierna località Pascelupo, la quale, dal transito di questo “marziale canide” avrebbe tratto il nome che ha portato ininterrottamente sino ad oggi.
 

Chiesa di San Bernardino da Siena – Pascelupo

Sul Monte Motètte e su uno dei suoi contrafforti orientali, ma non lontano da Pascelupo, sorgevano due castelli, fondati, probabilmente, avanti il Mille: il “Castrum Montis Persici” ed il “Castrum Tieghi“.
Consultando i documenti, pazientemente raccolti, negli anni, dall’autorevole storico eugubino Piero Luigi Menichetti, apprendiamo che nel Castello di Monte Pesco, di Tiego, o di Pascelupo, o, forse, in una delle loro curie, vi era una chiesa dedicata all’Arcangelo San Michele (anno 1566: “Sant’Angelo di Tigho” “Tigho “= “Tiego“).
Anno 1521: “S. Angelo di Pascilupo“.
Ora, una chiesa intitolata a questo Arcangelo, prediletto dai guerreschi Longobardi, esiste tuttora nel paese di Coldipèccio, la cui tradizione orale vuole essere stata fondata come segno tangibile di riconoscenza per il conseguimento di un’enigmatica vittoria militare da parte di un altrettanto misteriosa popolazione antica.
Un’antica e radicata tradizione eugubina sostiene che il Vescovo Sant’Ubaldo avesse fatto erigere sette chiese, consacrate a San Michele Arcangelo, “sub titulo periculi” (vale a dire “del pericolo“), agli estremi confini della vasta Diocesi eugubina.
Una di esse, fu, verosimilmente, quella ancor oggi esistente a Coldipèccio.
Il guerresco Arcangelo sarebbe stato “preposto” alla difesa del territorio diocesano da ogni sorta di pericoli, ma, in ispecie, da quelli di natura militare.
È possibile che l’attuale chiesa rinascimentale di San Bernardino da Siena di Pascelupo sia stata fondata sopra i resti d’una preesistente chiesa primitiva, verosimilmente intitolata a San Michele Arcangelo.
La postulata chiesa originaria dovette, probabilmente, cadere in fatiscenza od essere distrutta da un terremoto, visto che quella attuale mostra di essere stata costruita in due epoche differenti.
L’ipotizzato tempio originario doveva già esistere nel XIII secolo, come è attestato dal resoconto del pagamento delle decime d’Italia, dall’anno 1295 all’anno 1334: “Rationes Decimarum Italiae“.
Le campane della chiesa contemporanea sono molto recenti, risalendo appena al secolo XIX.
In ogni caso, da una visita pastorale del Vescovo eugubino Mariano Savelli, effettuata nel secolo XVI, si apprende che la chiesa di Pascelupo recava il duplice titolo di “S. Angelo de Pascelupo” e “S. Bernardini de Pascelupo“, mentre la chiesetta “micaelica” di Coldipèccio era intitolata a “S. Michele Arcangelo de Collepeccio“.
Nella carta della diocesi di Gubbio di Monsignor Mariano Savelli, del secolo XVI, la chiesa di San Michele Arcangelo di Coldipèccio (riportato in carta nella forma “Col de peccio“) appare distinta da quella di S. Bernardino di Pascelupo e denotata dalla grafia “S. Aglo“.
L’intitolazione della chiesa di Pascelupo al predicatore San Bernardino da Siena dovrebbe indicare un’influenza diretta dell’Ordine francescano.
I recenti restauri della chiesa di San Bernardino da Siena di Pascelupo hanno, inoltre, rimesso in luce la presenza d’una splendida abside, di sicura origine medioevale (o, addirittura, altomedioevale), che taluno, vista la grandezza e la perfetta lavorazione e connessione dei conci di pietra impiegati, vuole interpretare come la base della principale fortificazione difensiva, di forma rotondeggiante (“màstio” o “dongiòne“), dell’antico castello, o, più semplicemente, come una poderosa torre di guardia.
L’ambiente sottostante all’abside della chiesa di Pascelupo, che non è una cripta, presenta finestre a sesto acuto, realizzate con l’impiego di laterizi ed aperte successivamente alla sua originaria costruzione.
L’analisi (sebbene ancora preliminare) dei lineamenti strutturali di tale ambiente sembra rafforzare l’ipotesi secondo la quale esso costituiva, in passato, la parte basale d’una grande, poderosa torre. Una quarta torre di vedetta sorgeva, assai significativamente, nella località La Torretta.
I suoi ruderi testimoniano come essa fosse costituita da pietra arenaria.
Una tradizione popolare vuole che, dalle diverse torri della curia del castello di Scheggia, in caso d’allerta, fossero repentinamente scambiati segnali sonori (grida) e visivi (fumo) d’allarme.
 

Pascelupo e i Templari

Il presidio militare di Pascelupo comincia ad apparire citato, in documenti scritti d’archivio, solo poco dopo la soppressione dell’Ordine templare.
Si è, infatti, portati a pensare che, prima di tale data, i Templari di Perticano e Casalvento, e, forse, quelli, ipotetici, dello stesso San Girolamo, fossero ancora intenti a fortificare tali luoghi confinari.
Persino le testimonianze storico-documentarie certe della presenza di uno stanziamento eremitico a San Girolamo risalgono al periodo immediatamente successivo alla soppressione dell’Ordine dei Templari.
Prima d’allora non vi era, infatti, che la voce del silenzio a farsi sentire, silenzio delle carte, dal quale, però, taluni pretenderebbero di trarre un significativo “argumentum ex silentio“…
Il fatto comunque che compaiano dei documenti solo dopo la soppressione dell’Ordine è dovuto anche e soprattutto al fatto che cominciano a pagare le rette pontificie, cosa della quale prima erano esentati.
Soltanto un potente e ricco ordine militare, politico e religioso, come quello dei Templari, comunque, poteva avere i mezzi finanziari per erigere, tra il XII e il XIV secolo, le imponenti strutture dell’eremo primitivo, o medioevale, o “pre-giustinianeo” che dir si voglia.
Un presidio militare di carattere unicamente secolare non spiegherebbe, infatti, la necessità della costruzione di un sacello.
 

Fonti documentative

http://www.protadino.it/

http://www.pascelupo.it/

http://www.scheggiaepascelupo.info/

 

I Templari del Monte Cucco

 

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