Castello di Giomici – Valfabbrica (PG)

Il Castello di Giomici è situato lungo il Sentiero della Pace tra Assisi e Gubbio e fu un sito strategico del “Corridoio Bizantino” attraverso il quale la cultura romano-cristiana si diffuse da Roma all’Europa continentale fino a quella dell’Est.

 

Cenni storici

Piccolo castello posto all’estremo lembo della giurisdizione eugubina, in vicinanza con il territorio di Assisi, Giomisci insieme ai vicini castelli di Biscina, Caresto, Coccorano e altri ancora, faceva parte del sistema difensivo eugubino ai confini con Perugia e rivestì un’enorme importanza strategica per il controllo viario medievale.
Ebbe pertanto parte importante nella storia locale dei sec. XII e XIII poiché spesso conteso da feudatari e dalle vicine città rivali.
Prima ancora fu sito strategico del Corridoio Bizantino, lungo la linea di difesa dall’invasione gotica e longobarda.
Secondo la leggenda il castello avrebbe preso il nome da tale Glomisso, nobile tedesco sceso in Italia al seguito di Ottone III di Sassonia (980-1002), che ne fu il primo signore.
Successivi feudatari furono i conti Suppolini, signori di Casacastalda e Compresseto, e i conti di Coccorano di discendenza longobarda.
Federico Barbarossa nei suoi diplomi imperiali nei quali vengono definiti i confini fra le città di Assisi e Gubbio ne assegnò il possesso prima ad Assisi (1160), poi a Gubbio (1163), privilegio confermato anche dagli altri imperatori: Enrico VI del 1191 (1165-1197), figlio del Barbarossa, e da Ottone IV del 1211 (1182 ca-1218).
Nel documento del Barbarossa del 1160 furono ben definiti tutti i confini ed è il primo documento ufficiale in cui si parla di Giomici.
Nella seconda metà del sec. XII e negli anni seguenti, Giomisci appartenne ai monaci dell’abbazia di S. Donato di Pulpiano, in territorio di Gubbio, in seguito a donazione dall’imperatore Federico il quale, con suo diploma dato in Lodi il 13 novembre 1163, riceve sotto la sua protezione il predetto monastero al quale conferma, fra l’altro, i seguenti beni: “a Castrum montis Benzi, castrum Collis Palumbi; in Vaccheria: ecclesia S. Martini et Paterniani, castrum lomici cum curie et ecclesis“.
Anche il pontefice Celestino III, con propria bolla data in Roma il 12 novembre 1191, conferma al medesimo monastero di S. Donato di Pulpiano alcuni beni, fra cui “Ecclesia S. Martini de Vaccario, Castrum et Ecclesia S. Angeli et Marcelli de Glomisco, S. Egidii de Collis Palumbi etc.“.
Fino al 1217 restò sotto la giurisdizione eugubina, quando con l’arbitrato del podestà Pandolfo di Figura, Perugia ne fece un suo castello, ma sebbene legalmente sotto la giurisdizione perugina, di fatto restò sempre con Gubbio.
Nella seconda metà del secolo XIII fu sotto il dominio di Coccorano, insieme ai castelli di Petroia, Biscina, Peglio e Collalto.
Nel giugno dell’anno 1240, ai tempi del vescovo eugubino S. Villano, donnus Benus, abbate del monastero di S. Donato di Pulpiano con il consenso del predetto vescovo, concede in enfiteusi in terza generazione mascolina a Monaldo di Suppolino “Castrum Glomesci, eius curiam totam, cum hominibus servitii et utilitatibus“.
Durante le guerre tra Perugia e Gubbio, Giomici passò di mano varie volte, ma alla fine rimase, per molti secoli annesso a Gubbio.
Infatti gli eugubini per non farsi scappare di mano il castello, acquistarono da Monaldo di Suppolino e dai suoi figli Guido e Ugo, un palazzo e una torre posta nello stesso castello di Giomisci, nonché il cassero per la somma di 400 libbre di denari ravennati, atto datato dell’8 aprile 1258.
Anche i conti di Coccorano vantavano il possesso di una parte del castello di Giomisci, cioè di un sesto del territorio di esso; feudo che persero e ripresero attraverso varie vicende legate ai conflitti fra Gubbio e Perugia.
Il territorio di Giomici, come il resto del contado eugubino, nel sec. XIV, si trovava sotto la giurisdizione del ducato di Spoleto.
Un fatto curioso avvenne in questo fortilizio nel 1378 quando i castelli di Giomisci e Caresto, unitamente a Costacciaro, Branca ed altri castelli del contado eugubino, si ribellarono alla città: Senso di Francesco di Bino Gabrielli aveva rioccupato il castello, quando un fante, tale Petruccio di Ciuccio da Villamagna, rifiutò la resa, chiudendosi in una torre merlata. Il Gabrielli, stanco di aspettare, dopo due mesi di tentativi per farlo desistere, fece demolire la torre, cosicché Petruccio rovinò pesantemente sopra un tetto di una casa vicino: catturato, venne sottoposto a torture.
Ma il Comune di Gubbio il 20 agosto 1380, per il valore dimostrato, lo ricompensò con 15 fiorini d’oro.
Nel mese di novembre dell’anno 1378 le genti del conte Giovanni di Cante de’ Gabrielli saccheggiarono e fecero prigionieri nel territorio di Giomici, al tempo sotto la giurisdizione assisana, per vendetta di altre scorrerie fatte nel territorio nemico da Boldrino da Panicale che in quel tempo era al soldo di Assisi.
L’ultimo discendente della famiglia Gabrielli, Senso, morì senza lasciare eredi maschi per cui il castello passò agli eredi dei rami collaterali, quindi Giomici ritornò sotto Assisi.
Nel 1390, dietro pagamento di un forte riscatto ritornò sotto Gubbio e nel 1410 fu rifatto il ponte levatoio.
Nell’anno 1419, nel corso della guerra fra la città di Perugia e i Montefeltro, il castello di Giomici venne coinvolto in un episodio dalle truppe di Braccio Fortebraccio che fronteggiavano le soldatesche dello Sforza, alleato della casa feltresca; Braccio che si trovava a Spoleto andò ad affrontare lo Sforza che nel frattempo aveva saccheggiato le campagne e le ville nell’alto Chiascio; Braccio si diresse verso Gubbio per affrontare i Montefeltro e saccheggiò Giomici bruciò le case e devastò i campi.
Dal 1432 al 1434 la popolazione fu impegnata nella ricostruzione della cinta muraria gravemente danneggiata dal saccheggio di Braccio da Montone.
Successivamente il castello divenne luogo ameno di ospitalità e villeggiatura, infatti nel ‘500, ospitò per qualche giorno in luna di miele Francesca Baglioni, sorella del famoso Giampaolo, che il 2 giugno 1515 aveva sposato il nobile Filippo di Bernardino Ranieri, conte di Schifanoia, castello quasi confinante con Giomici.
Nel Rinascimento Giomici seguì il destino di Gubbio e per circa 250 anni fece parte del ducato di Urbino, sotto la signoria dei duchi di Montefeltro, di cui costituiva l’estremo confine a sud.
Nel 1650 fu acquistato dai Vagni, famiglia di origine locale, già proprietaria di vasti terreni e di una grande villa costruita poco sotto il castello.
Nel 1807 un ramo della famiglia Vagni si trasferì a Giomici, per abitarvi stabilmente.
Nell’800 passò sotto la giurisdizione di Gualdo Tadino che era stato elevato al rango di capoluogo di Cantone del Dipartimento del Trasimeno per poi passare definitivamente sotto il Comune di Valfabbrica dove tutt’ora permane.
È interessante notare che in oltre mille anni di storia il castello ha cambiato più di venti volte la propria denominazione: Glomisso, Glomisco, Glomiscio, Glomischo, Glomisis, Glomisci, Glomisi, Glomice, Chiomisci, Chiomiscio, Ghyomisti, Glomischi, Tomi, Giommei, Glomesi, Chiomisce, Goliniscio, Glomescim, Giomisi, Jomiscio, Jomice, Giomesci, Giomisci, Giomici.
 

Aspetto attuale

Posto sopra un colle a dominio della vallata sottostante, si presenta architettonicamente elegante e armonioso, con alto torrione merlato alla guelfa, inserito in un ambiente naturale di incomparabile fascino. Un corpo laterale mette in bella evidenza piani alternati di bifore e monofore che conferiscono alla struttura una notevole eleganza formale.
Sulla torre quadrata e merlata del castello vi è la lapide (1944) che dice come Federico I lo avesse assegnato nel 1160 ad Assisi, nel 1163 a Gubbio; confermandone il possesso al monastero di S. Donato di Pulpiano (1163); cosi fecero Celestino III (1143), Enrico IV (1191), Ottone IV (1211).
Dopo la guerra tra Gubbio e Perugia del 1217, questa città fece suo il castello; ciò che si ripeté nel 1259.
Nel 1944, nonostante il periodo bellico, Ulderico Vagni provvide a eseguire notevoli opere di consolidamento e restauro sulla primitiva struttura medievale. Tutto il complesso, composto dal castello, dal borgo fortificato e dalle antiche abitazioni circostanti, è diventato con il passare del tempo un importante centro agricolo ove risiedono stabilmente circa trenta persone dedite soprattutto all’agricoltura e agli allevamenti zootecnici.
Negli ultimi quarant’anni la famiglia Balestra ha acquistato quattro fabbricati nel castello ristrutturandoli adeguatamente, mentre i Vagni hanno provveduto a rendere confortevole gran parte del castello, adeguandolo alle esigenze ricettive moderne che ne fanno un incantevole luogo di villeggiatura.
All’interno dell’abitazione di residenza della famiglia Balestra si conservano i dipinti degli antichi conti di Giomici, Rinaldo e Ugolino II.
L’intera struttura oggi è un avviato Agriturismo dove si può gustare la tipica cucina umbra e godere il relax delle colline del Chiascio.
 

Nota

A poca distanza dal castello, lungo l’antico tracciato della strada romana di crinale che porta a Gualdo Tadino, si trova il Monte della Dea, dove recenti scavi archeologici hanno portato alla luce tombe, con tegole, per soldati e povera gente.
Il luogo, nella tradizione locale è stato poi definito come “Campo del Tesoro“, dal fatto che lo scavo di tombe era spinto dal fantasioso desiderio di trovarvi qualche ricchezza.
Ora lo scavo supervisionato dalla Sovrintendenza è stato messo in sicurezza e completamente coperto.
 

Fonti documentative

Daniele Amoni – Castelli Fortezze e Rocche dell’Umbria – Quattroemme 2010
G. Bensi – Il castello di Casa Castalda e la sua Pieve – 1974
M. Tabarrini – L’Umbria si racconta – 1982

http://www.comune.valfabbrica.pg.it/

 

Da vedere nella zona

Castello di Valfabbrica
Castello di Casacastalda
Santuario della Madonna dell’olmo
Chiesa della Madonna del Chiascio
 

Mappa

Link alle coordinate

Lascia una risposta

L'indirizzo email non verrà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

È possibile utilizzare questi tag ed attributi XHTML: <a href="" title=""> <abbr title=""> <acronym title=""> <b> <blockquote cite=""> <cite> <code> <del datetime=""> <em> <i> <q cite=""> <strike> <strong>