Castello di San Gemini – San Gemini (TR)

Si ringrazia per la cortese collaborazione la signora Anna Cascioli, il presidente della Pro Loco Lucio Luneia, il parroco Don Gianni Sabatini, la diocesi di Terni – Narni – Amelia.

 

Cenni Storici

San Gemini è un comune di 4.949 abitanti della provincia di Terni, che fa parte del club de “I Borghi più belli d’Italia“.
Celebre per le terme e l’omonima marca di acqua minerale, è notevole per la bellezza del centro storico, ben conservato e caratterizzato da morfologia e aspetto tipicamente medievali.
Il centro abitato di San Gemini sorge sui resti di un piccolo abitato di epoca romana, lungo il tracciato dell’antica via Flaminia.
Ha origine come insediamento preromano, forse corrisponde al Casventum di cui parla Plinio il Vecchio in epoca romana, ma manca qualsivoglia prova documentale in merito.
Certo è che il sito ove oggi sorge il centro medioevale era abitato da lungo tempo, come dimostrano i resti di una domus romana decorata con pavimentazioni a mosaico in Via del Tribunale, le cisterne ipogee rinvenute nell’ex complesso monastico di Santa Caterina o, ancora, il monumento funerario situato in prossimità del bivio per Terni e Narni, chiamato oggi Grotta degli Zingari.
Nell’882, i Saraceni distrussero quello che restava dell’antico villaggio romano.
Forse assunse l’odierno nome nel IX secolo, quando un monaco di nome Yemin, italianizzato in Gemine, proveniente dalla Siria, vi cominciò a predicare, istruendo e beneficando a tal punto da far designare la cittadina come la città di “Santo Gemine“.
In ogni caso la prima menzione certa di San Gemini si trova nell’atto di fondazione dell’Abbazia di San Nicolò dell’anno 1036 o 1037.
È altresì nominata in un documento del 1059, atto di donazione di un prete Giovanni all’abbazia di Farfa.
Nel 1119 la cittadina figura come Gastaldato del Comune di Narni, del quale è soggetto e segue le sorti.
Grazie alla politica Papale, soprattutto con Innocenzo III, che intenzionato a riportare le terre umbre sotto l’effettivo dominio della Chiesa, in data 27 agosto 1198 concede un privilegio di esenzione all’Abbazia di San Nicolò, San Gemini assurse poi al rango di libero comune, con le magistrature e le istituzioni proprie del tempo.
Prese parte alle lotte tra papato e impero e, nel 1241, fu saccheggiato da Federico II.
Combatté allora, al fianco delle comunità guelfe, contro le città limitrofe, ma nel 1244, fu sottomesso da Perugia.
Passò, così, allo schieramento opposto insieme a Todi, Amelia, Narni, Spoleto, Terni; in tale contesto fu occupato dai ghibellini di Todi.
Nel 1330, poi, fu riconsegnato alla Chiesa.
In seguito, più volte minacciato dalle vicine città ghibelline, fu sempre salvato dall’intervento delle truppe pontificie.
I secoli che seguirono, durante tutto il basso Medioevo, furono alquanto tormentati per la cittadina, trovandosi spesso al centro di lotte tra le avverse fazioni di Guelfi e Ghibellini, alleata o nemica, a seconda degli interessi del momento, di Comuni quali Narni, Terni, Todi, Spoleto ecc.
Nei primi decenni del XIV secolo la Comunità si dotò di uno statuto.
Più volte rischiò di perdere la sua autonomia, che difese strenuamente, con l’aiuto della Chiesa.
In data 24 novembre 1499 il vescovo ternano Ventura Bufalini redige un capitolato di pace tra Terni e Sangemini in cui si rimettono ai Sangeminesi le loro colpe per i reati intervenuti fino ad allora, garantendo loro pace e sicurezza; che i Sangeminesi siano considerati alla stregua dei cittadini ternani nei commerci di qualsiasi genere e per quanto riguarda il pagamento di dazi e gabelle, che possano valersi del medico e del maestro di scuola ternani senza il pagamento di ulteriori imposizioni oltre a quelle pretese dai ternani e che eventuali delitti da quelli commessi siano puniti applicando le pene previste dagli statuti del luogo in cui fossero perpetrati.
Le parti si impegnano inoltre a rispettare gli accordi sotto pena di tremila ducati d’oro, da versarsi per un terzo alla Camera Apostolica, per un terzo alla comunità al cui territorio appartenesse la parte offesa e per l’ultimo terzo alla stessa parte offesa.
Nel secolo XVI iniziò la decadenza per San Gemini, fino a che, nel 1527, fu quasi completamente distrutta dalle truppe imperiali, di ritorno dal sacco di Roma.
Nel 1530 Clemente VII cedette San Gemini in feudo ai fratelli Ferdinando e Giovanni Antonio Orsini.
Il castello tornò quindi a rifiorire e, nel 1590, Sisto V lo elevò a rango di città.
A questi anni di splendore ne seguirono altri di ulteriore decadenza.
Gli antichi Statuti furono rinnovati nel 1568; nel 1590 Urbano VII la eleva a ducato a favore degli Orsini.
Nel 1722 gli Orsini cedono, per 13.500 scudi, San Gemini al Principe Scipione Publicola di Santacroce, appartenente a una famiglia della nobiltà romana.
Nel 1770 il territorio comunale fu ristretto, con la sottrazione del territorio di Poggio Azzuano e dell’area demaniale di Carsulae.
Nel 1781, Pio VI conferma a San Gemini il titolo di città.
Nel 1814 San Gemini fu elevato a comune baronale.
Nel motu proprio di papa Pio VII del 6 luglio 1816 sull’organizzazione dell’amministrazione pubblica, fu classificato come luogo baronale appartenente al Governo distrettuale di Terni nella Delegazione di Spoleto della Provincia dell’Umbria.
Nel riparto territoriale dell’anno successivo fu comune di residenza di governatore, sempre nell’ambito del Distretto di Terni; aveva come appodiato Portaria.
Il feudo decadde nell’anno 1817 con la rinuncia della famiglia Santacroce.
Nel 1827 divenne podesteria, soggetta al Governatore di Terni, nella Delegazione di Spoleto e Rieti.
Nel 1833 fu comune unito al governatore di Terni, nella Delegazione di Spoleto, poi Provincia di Spoleto.
Dopo l’Unità d’Italia fu compresa nella Provincia dell’Umbria, nel Circondario e Mandamento di Terni.
Dal 1889 lo sfruttamento industriale delle acque minerali lo renderà famosa in tutto il mondo.
Con il regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, la Provincia dell’Umbria fu soppressa e, contestualmente, furono istituite la Provincia di Perugia e la Provincia di Terni, la cittadina fu assegnata a quest’ultima.
Fanno parte del comune di San Gemini le frazioni o località di San Bartolomeo, Acqua Vogliera. Acquaforte, Case sparse, Colle Ozio, Collepizzuto, Quadrelletto, Poggio Azzuano.
San Gemini è stata un centro culturale, artistico e religioso di prim’ordine, mantiene ancor oggi una dignitosa architettura e numerosi monumenti a testimonianza di un glorioso passato.
 

VISITA DELLA CITTA’

 
 

Porta Romana

In città si entra dall’imponente Porta Romana, fatta costruire nel 1723 dal duca Scipione Publicola di Santa Croce, il cui stemma campeggia sulla porta.
Se vi va, appena sulla sinistra, si può gustare un buon caffè alla Ex Chiesa di San Bernardino.
Subito sulla destra la Via del Duomo conduce alla Chiesa di San Gemine.
 
 
 

Ex Palazzo Santacroce – Albergo Duomo

A destra della chiesa di San Gemine sorge l’Ex Palazzo Santacroce – Albergo Duomo.
Il palazzo ducale della famiglia Santacroce fu costruito tra il 1729 e il 1730 a seguito dell’acquisto del feudo di San Gemini che avvenne nel 1722 ad opera di Agostino Lega procuratore del principe Scipione Publicola Santacroce. La storia dell’Albergo Duomo è legata alla famiglia dei Principi di Santacroce, che nel 1722 acquistarono il feudo di San Gemini e vi costruirono la loro residenza.
“… Il principe ha fatto fabbricare un palazzo di pianta stabile e arricciato non essendovi pietra, consistente in 25 stanze con un grande magazzino, il primo piano a volta, il secondo piano e il terzo a soffitto…“.
Il palazzo è stato continuamente mantenuto dal duca di San Gemini e dalla stessa famiglia Santacroce, che ha continuato a interessarsi, anche da Roma, alle vicende amministrative ed economiche del suo feudo, finché il 13 marzo del 1817, in seguito al Motu Proprio del Pontefice per il riordinamento dell’amministrazione dello Stato Pontificio, i Publicola Santacroce rinunciarono ai loro diritti feudali su San Gemini.
Acquistato nel 1920 da Carlo Violati, fondatore della nota società delle acque minerali Sangemini, il Duomo è stato adibito ad albergo nel 1921, poi riacquistato nel 1987 da Marco Violati, pronipote di Carlo.
L’edificio risulta sontuoso ed elegante nella sua configurazione architettonica conserva ancora oggi il fascino tipico delle dimore signorili del XVIII secolo; le torri angolari contribuiscono a rendere l’effetto di dimora feudale richiamando alla memoria l’aspetto di un fortilizio medioevale, anche se, in questo caso, sono puramente simboliche, così come il muro di cinta.
Uno splendido e ampio parco, con un giardino ben curato e un susseguirsi di imponenti alberi secolari, completa la percezione visiva della residenza aristocratica, caratterizzato da, un giardino curato e una gamma incredibile di sfumature di verde crea un’atmosfera fiabesca.
All’interno del palazzo uno scalone d’onore portava al piano nobile dove la famiglia realizzò un salone interamente affrescato.
Nei riquadri delle pareti furono rappresentati alcuni episodi della Gerusalemme Liberata, poema epico cavalleresco di Torquato Tasso che con i suoi temi ben si adattava all’esaltazione della famiglia Santacroce, sia per il messaggio legato ai temi dell’onore, della cavalleria, della guerra nobile e della lotta ai musulmani, sia anche per un intento celebrativo della famiglia: a Gerusalemme infatti si conservano le reliquie della Santa Croce.
 
 
 

Piazza San Francesco

Risalendo la Via Roma, si incontra sulla sinistra il bel portale seicentesco di un palazzetto privato al n. 24, e si giunge poi ad un vasto piazzale intitolato a San Francesco, che collega la parte più moderna rinascimentale al suggestivo nucleo medioevale, arroccato sulla sommità del colle.
Sulla sua sinistra, la Chiesa di San Francesco.
Ancora più avanti, sempre a sinistra affaccia Palazzo Canova, residenza estiva dell’illustre scultore Antonio Canova nei primi anni dell’800 e dal quale assunse l’attuale denominazione.
La fabbrica del Palazzo ha inizio intorno alla prima metà del 1600 e si conclude nel 1695.
Tra il 1813 ed il 1816 Bartolomeo Terzi vende la proprietà dell’immobile, insieme alle terre, al Canova, il
palazzo, una volta morto il Canova fu venduto ai frati Cistercensi e da questi, all’inizio del secolo, alla famiglia Medici, attuale proprietaria.
 
 
 

Fontana Gemine Astolfi

Costruita nel 1884 ad opera dello scalpellino ed intagliatore Orazio Armili di Narni.
Il Comune vi collocò una epigrafe in segno di riconoscenza per aver contribuito alla costruzione dell’acquedotto. Restaurata nel 2001 a cura dell’Associazione Valorizzazione del Patrimonio Storico San Gemini.
La fontana, costituita da un sistema parete‐vasca‐pavimento, si compone nella sua struttura in elevato di oltre novanta blocchi di pietra calcarea bianca, un travertino locale fortemente alveolizzato, non molto compatto, mentre per la pavimentazione esterna, non coeva ma di poco più tarda, di circa duecento blocchi di pietra dura e compatta, di probabile provenienza archeologica.
Il monumento costituiva da un lato la fonte urbana per l’approvvigionamento di acqua potabile, luogo di incontro sociale, dall’altro un’importante quinta architettonica della piazza, addossata al muro di Montarozzo, in forme proporzionate seppure semplificate.
Il fronte è compreso tra due paraste nelle quali sono inserite protomi leonine, elemento convenzionale per l’emissione dell’acqua; una targa, posta tra due volute, conclude superiormente la parete cui si addossa la grande vasca di raccolta, che posa su di un basamento di poco elevato; in essa si conservano i binari per l’appoggio di brocche, secchi etc.
La linearità della costruzione, scandita dalla regolarità dei blocchi impiegati, è prevalente tanto da far ritenere quasi superflua la volta laterale, all’estremità dei pilastri.
 
 
 

Porta Burgi

Di fronte alla chiesa vi è il moderno Palazzo comunale, sul cui fianco si apre una delle antiche porte del castello, detta cui si accede tramite la Porta Burgi, risalente al secolo XII, ornata dello stemma dei Principi Publicola di Santacroce ed attraverso la quale si entra nella suggestiva cornice dell’antico borgo medioevale, caratterizzato da un dedalo di viuzze, scalinate, arcate e torrioni perfettamente conservati, in un’atmosfera d’altri tempi.
Appena dopo la porta, su un muro a sinistra è inglobato un bel cippo carsulano.
Proseguendo, a destra, si incontra la Chiesa di Santa Maria de Incertis.
 
 
 

Palazzo Vecchio

A sinistra della chiesa si erge Palazzo Vecchio, chiamato in origine “Palazzo Comunale” o “Palazzo Pretorio”, è un rarissimo esempio di palazzetto municipale del XII secolo, ben conservato e da poco restaurato.
Sull’angolo destro sorge la “Torre Esperia”, mozza e adattata in alto con un campanile a vela nel Settecento, con la originaria campana fusa nel 1318 da maestro Stefano da Orvieto, come ricorda l’iscrizione, che qui riportiamo: + M(entem) . S(anctam). S(pontaneam) . H(onorem) . DEO. ET. PA(triae) . L(iberationem) . IN N(omine) . D(omini) AM(en) . ANN(o) . D(omini) . M . CCC . XVIII . M(en)SE . MADII . H(oc) . OPUS. F(a)C(tu)M. FUIT. T(em)P(o)R(e) . NOBILIS. VI(ri) . GUIDONIS. PA(n)DULFI DE URBE. POT(estatis) . TER(r)E. S(ancti) . GEMINI. M(agister) . ST(ephanu)S. DE URBE. VETERI. FECIT. ME.
La facciata presenta un grande arcone a tutto sesto, sotto il quale trova posto la scala esterna che immette al primo piano, e vi rimangono ancora resti di stemmi affrescati, fra cui Quello di Eugenio IV (1431-1447) e quello degli Orsini.
Il primo piano è tutto occupato da due sale, dove restano diverse tracce della decorazione pittorica originaria, largamente restaurate; interessanti alcune scene allusive al Buon governo, e alcuni stemmi di podestà, databili tra il XV e il XVII secolo, tra cui quello di Giovanni da Montenegro con una lunga scritta e la data 1482; accanto all’ingresso a destra, sull’architrave di una porticina, un altro stemma con la scritta: ARMA NOBILIS VIRI / GAELOTTIS DE / BENVENUTIS D(e) P(er)US(io).
Salendo ancora si incontra la Chiesa di San Giovanni Battista.
 
 
 

Porta San Giovanni

Contigua alla chiesa è la medievale Porta San Gio¬vanni, il cui arco, all’interno, presenta un frammento di epigrafe con le lettere: E T / A. FE.
Nei pressi, in un locale attualmente utilizzato dalla ASL, si conserva una Crocifissione, di ingenua mano.
Nella parte alta del paese, un tempo sorgeva la Rocca, di cui oggi resta soltanto il nome.
Nei suoi pressi v’era pure la Chiesa di Sant’Egidio, di cui nel 1800 il Milj diceva: ” . . . di tutte le mentovate forse la più antica, e più riguardevole, che lasciata cadere, e rovinare da un benefiziato, spoletino di patria, Pier Donato Cesi, vescovo di Narni, ad istanza della comunità di Sangemini, nell’anno 1549 ne unì il benefizio al monastero di monache di S. Maria Maddalena, nella cui chiesa trasferì il titolo e le campane“.
Oggi anche l’Ex Convento di Santa Maria Maddalena è sconsacrato.
 
 
 

Via del Tribunale

In Via del Cataone, sul muro di una casa, si scorgono alcuni frammenti delle tipiche urne carsulane.
In Via del Tribunale, quasi al centro dell’agglomerato urbano, si incontra la Casa Violati in cui fu incorporata in passato l’antichissima Chiesa di Santo Stefano.
Nel prossimo giardino dei Violati si conservano i resti di una sontuosa casa romana, per ora non visitabile, databile tra la fine del I sec. a. C. ed il principio del I sec. d. C., di cui è stato riportato alla luce l’atrio con l’impluvium, dal pavimento mosaicato a tessere nere con inserti bianchi, su cui si affacciano, lungo il lato meridionale e occidentale, alcuni vani ben conservati.
Si tratta, sul primo lato, di una sorta di corridoio e di due piccole stanze con soglie e mosaico e, sul lato occidentale, di due altre stanze più ampie dotate di due stupendi mosaici pavimentali a motivi geometrici.
La camera più piccola (6,45 x 3,85), è ornata da un mosaico di motivi geometrici a tessere bianche e nere, la bellissima soglia appare come un piccolo tappeto al centro del quale, fra pampini e grappoli d’uva spicca un vaso stilizzato (kantharos) sulle cui anse sono posati due uccellini, il tutto in minutissime tessere di vario colore.
Il mosaico della camera più grande (6,45 x 4,45), più ricco, con complicati elementi geometrici, arricchiti da colorate figure di volatili, alternati a frutti e fiori, incorniciato da un motivo a treccia, è introdotto da una soglia raffigurante un finto portico di dodici campiture, realizzato con tessere di vario colore: il motivo riproduce forse la facciata di un portico o lo schema di un acquedotto, secondo una moda invalsa della decorazione delle case pompeiane, che si protrae nel primo secolo dell’impero.
I muri che dividono i vari ambienti, conservati per un’altezza limitata, presentano ancora qua e là tracce di differenti colorazioni nell’intonaco.
Lungo la stessa via si notano i notevoli resti di costruzioni private duecentesche.
Tra Via della Rocca e il Vicolo del Tribunale, ad angolo, una torre mozza del secolo XIII.
Accanto si trova il complesso un tempo noto come Monastero di Santa Caterina: si sviluppa lungo Via dei Tribunali, costruito sopra un edificio di epoca romana, I – II sec. d.C., di cui ricalca probabilmente il tracciato perimetrale e di cui conserva resti.
 
 
 

Monastero di Santa Caterina

La genesi del Monastero di Santa Caterina coincide con la distruzione di Poggio Azzuano nel 1442.
L’insediamento crebbe nel tempo con vari apporti tra i quali certamente l’edificio di via del Tribunale che nel primo chiostro reca la data 1643 e nel tetto A.D. 1709.
L’edificio è formato da tre diversi corpi di fabbrica: il lato nord-ovest coincide pressoché con la linea delle mura castellane.
Il corpo sud-ovest si sviluppa lungo via del Tribunale in linea con il resto del complesso del monastero-ospedale e presenta caratteristiche costruttive omogenee.
Il primo chiostro ospita oggi il Museo dell’Opera di Guido Calori, composto attualmente da cinque sale, che raccoglie gran parte delle opere dello scultore sangeminese.
Da un successivo chiostro, contiguo alla Chiesa di Santa Caterina, con ingresso in via dei Tribunali n. 80, si accede a un interessante struttura composta da due contigue cisterne romane.
I muri perimetrali e divisori sono realizzati con murature in opera incerta e cementizia, le volte in conglomerato.
Gli ambienti presentano i muri perimetrali rivestiti da un intonaco di cocciopesto atto a garantire l’impermeabilizzazione.
Il pavimento è in opus spicatum.
 
 
 

Museo Geolab

Proseguendo si scende lungo via Canova, ove si trova il seicentesco Palazzo Canova.
Si torna quindi a Piazza San Francesco.
Appena fuori delle mura, in via della Misericordia, ove era l’ex Ospedale degli Infermi Poveri, prima ancora, dal 1635 al 1852, Chiesa della Misericordia si trova il Museo Geolab, dedicato alla divulgazione delle scienze della Terra, con un laboratorio dotato di una serie di strumenti interattivi che guidano il visitatore all’osservazione e alla sperimentazione.
 
 
 

Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Cimitero

Nelle immediate vicinanze di Sangemini, subito fuori la Porta Romana, sorge l’Abbazia di San Nicolò.
Sempre al di fuori delle mura, inglobata nel cimitero civico, sorge la Chiesa di Santa Maria delle Grazie al Campo Santo.
Nasce come chiesa rurale, probabilmente intorno al XV secolo, un santuario mariano di campagna, officiata dai francescani, che vi edificarono intorno un piccolo convento.
Fu poi di pertinenza della confraternita di San Bernardino, quindi degli Osservanti, che però l’abbandonarono presto per la carenza di spazio.
Nel 1576 fu affidata definitivamente ai frati del Terzo Ordine regolare.
Intorno alla fine del seicento o agli inizi del settecento la chiesa fu notevolmente ampliata, lasciando però intatto il muro d’altare della vecchia che mostra tuttora un gioiello della pittura Umbra, una raffigurazione della Madonna del Latte coronata da angeli con a sinistra Santa Lucia, che ritrae la Vergine incinta, intenta a strizzare il suo seno, iconografia del tutto insolita.
Il dipinto su tavola è da attribuire, per affinità stilistica al Maestro del Trittico di Arrone, probabilmente identificabile in Bernardino Campilio.
L’opera risale alla fine del XIV secolo o all’inizio del successivo.
La chiesa e il convento attiguo, oggi compresi nel recinto del cimitero di San Gemini, versano in condizioni di grave dissesto statico.
 
 
 

Grotta degli Zingari e Parco delle Acque

Poco più a valle, in Via Narni, si trova la Grotta degli Zingari, così chiamata perché la sua forma ricorda una grotta, in realtà è quanto resta di una tomba romana in opera cementizia.
In località Vallantica si trova l’interessante ex convento e Lebbrosario di San Bartolomeo.
Merita infine una visita il Parco delle Terme, ricco di alberi secolari.
 

Fonti documentative

CASCIOLI DOMENICO I Tre Archi
CASSIO GIUSEPPE Oltre Assisi
CIOTTI, CAMPANA, NICOLINI, BOCCIOLI, PAIELLA, PRANDI, MIRA San Gemini e Carsulae Emilio Bestetti, Editore, Milano-Roma 1976
GIFFONI MOSCA FRANCA L’Antica Città di Carsoli in Casventino ora S. Gemino Editore Thyrus.
LEONARDI ANTONIETTA San Gemini durante il Cancellerato di Giovanni di Lodovico (1388-1389)
Tesi di Laurea U. di Perugia 1977
MILIJ, EGIDIO ANTONIO Carsoli rediviva ovvero storiche ricerche intorno all’antichissima città di Carsoli nell’Umbria. Opera illustrata con alcune note … aggiunta in fine un indice diplomatico – Macerata: dalla stamperia di Antonio Cortesi, 1800
NATALINI ROSELLA, PETROCCHI M. DANIELA, RANIERI LUCIA (a cura di) Catalogo mostra Memoria Storica di San Gemini: Cenni di Vita Cittadina Attraverso I documenti dell’archivio Comunale 1388-1860
Comune di San Gemini, 1987
NESSI SILVESTRO CECCARONI SANDRO Da Spoleto a Sangemini attraverso le Terre Arnolfe, Itinerari Spoletini 3, Spoleto, 1975
NESSI SILVESTRO CECCARONI SANDRO San Gemini e dintorni associazione pro loco San Gemini 1975
NESSI SILVESTRO San Gemini e le Terre Arnolfe – San Gemini Carsulae Cesi Acquasparta.
PITERI ARIANNA Il Comune di San Gemini da Alcuni Frammenti di Riformanze (SEC. XIV E XV).
Tesi di laurea Università di Perugia 2003
TABARRINI AGOSTINO San Gemini: millenni di storia Editore Tau, 2012

http://www.albergoduomosangemini.it/

http://siusa.archivi.beniculturali.it/cgi-bin/pagina.pl?TipoPag=prodente&Chiave=45540

http://sg-archivio.org/sgha-cat-ie.html

http://www.sangeminiarte.it/

bctdigitale.comune.terni.it/bctD/Response.aspx?Pr=globale&Prog=W&Ricerca=Tgemini
 

Nota

Le gallerie fotografica ed i testi sono stati realizzati da Silvio Sorcini
 

Da vedere nella zona

Chiesa di San Francesco
Chiesa di San Gemine
Chiesa di San Giovanni Battista
Chiesa di Santa Maria de Incertis
Ex Convento di Santa Maria Maddalena
Abbazia di San Nicolò
Ex Chiesa di San Bernardino
Chiesa di Santa Caterina
Ex Chiesa di Santo Stefano

Poggio Azzuano

Chiesetta di Santa Caterina

Quadrelletto

Ex convento e lebbrosario di San Bartolomeo

Terni

Città romana di Carsulae
Castello di Cesi
 

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